In questo articolo Paolo Venzano trae le conclusioni di un dibattito sul ruolo dei cattolici in politica iniziato su questo sito qualche tempo fa. I suoi precedenti contributi possono essere recuperati qui e qui, mentre le opinioni dei lettori sono leggibili nella sezione “commenti” di questo articolo
E’ ormai passato qualche tempo da quando, su questo Sito, era stato richiesto ai lettori di pronunciarsi sull’opportunità (per fronteggiare la situazione italiana, europea e mondiale) di costituire un partito “cattolico” ovvero di continuare con l’attuale presenza dei cattolici in partiti diversi, che in varia misura recepiscano i valori umani.
Il limitato numero di risposte (nove in totale) non autorizza a pensare a uno scarso interesse per la questione. Come per altri importanti argomenti trattati sul Sito, le ragioni sono forse diverse (mancanza di tempo, insufficiente conoscenza della materia ed altre).
Per la cronaca – come peraltro emerge dai “commenti” – la “maggioranza” di chi ha risposto è a favore della seconda soluzione.
Nella restante parte di questo articolo vorrei fare il punto della situazione e avanzare una proposta, anche sulla base delle argomentazioni addotte dagli studiosi e dai diversamente addetti ai lavori, e per quanto ovviamente mi risulta.
Sin dal suo insediamento alla presidenza della CEI il card. Gualtiero Bassetti ha sollecitato i cattolici italiani a dare il proprio contributo nel campo politico. Tenuto conto dei suoi vari interventi, il porporato ha distinto i tempi brevi da quelli medio-lunghi. Per il primo caso, con efficace linguaggio figurato ha parlato di un rammendo della società italiana (cosa che, penso, dovrebbe avvenire dopo le prossime elezioni europee), mentre per il futuro dovrebbe essere a suo avviso tessuto un nuovo ordito umanamente e cristianamente valido.
Va notato che al riguardo lo stesso Pontefice ha parlato di una possibile e ovviamente deprecabile irrilevanza dei cattolici italiani. Ciò, in occasione del Convegno sul centenario della morte di Giuseppe Toniolo. E, in altra circostanza, ha esplicitamente affermato che “i cattolici devono impegnarsi. Ma non creare un partito cristiano. Si può fare un partito con valori cristiani senza che sia cristiano!”. E’ forse sulla base di questa autorevole raccomandazione che l’esperto Giorgio Campanini ha recentemente proposto di costituire un partito siffatto. E Campanini non è solo, naturalmente.
Ma la stragrande maggioranza dei politologi italiani, di cui condivido il pensiero, è convinta che al presente non sussistano le condizioni (in primis, culturali e sociali) per costituire un nuovo partito sostanzialmente cattolico. Non esistono cioè, attualmente, le condizioni che all’indomani della prima guerra mondiale consentirono a Sturzo di costituire il Partito Popolare Italiano o PPE e, dopo la seconda guerra mondiale, permisero a De Gasperi di costituire la DC o Democrazia Cristiana. E’ quindi lecito, per non dire necessario, che i cattolici operino in partiti diversi “con valori cristiani “ (per dirla con Papa Francesco), sia pur dopo un’attenta analisi di quanto essi hanno potuto fare da quando è già in atto una situazione del genere e cioè da un quarto di secolo.
In ogni caso, e cioè per entrambe le opzioni di cui si parla, va considerato lo “sfondo” socio-culturale in cui nell’oggi si vive, ossia la scristianizzazione della società.
Se quanto sopra è fondato, possiamo chiederci cosa dovrebbero fare in primo luogo i partiti nostrani, democratici in senso costituzionale, per fronteggiare la situazione italiana e nel contempo la situazione europea.
Diamo per scontato che, in Italia, la questione primaria è il superamento del populismo e, in Europa, il recupero della volontà iniziale di realizzare una sorta di “Stati uniti” all’insegna della giustizia, della solidarietà e dell’apertura al mondo (come confermerebbe la copiosa legislazione e documentazione al riguardo a chi avesse il tempo e la voglia di consultarla…).
Ma – e qui viene il difficile! – è venuto il momento in cui i partiti italiani non populisti usino il cervello e abbraccino quel tanto di umiltà necessari per riunirsi e discutere giorno e notte sino a trovare un’intesa. I cattolici presenti in essi devono farsi sentire, battere i pugni sul tavolo! E’ infatti ovvio che, se non si trova una forma per esprimersi insieme, si resta del tutto inefficaci come oggi.
Mi permetto di sottolineare che la novità di tale proposta consiste nell’invito a discutere assieme rivolto ai partiti e non ai cattolici, anche se di questi suppone ed anzi “esige” la preventiva unità (cosa altrettanto difficile, purtroppo!).
Due parole, a titolo di contributo al dibattito, per quanto attiene all’Italia. E’ sotto gli occhi di tutti che il populismo è un rapportarsi direttamente al popolo, “saltando” gli organismi intermedi, pur costituzionalmente previsti. E per questo si parla di “disintermediazione”. Consegue allora che, per combattere e arginare il populismo un rimedio efficace è quello di potenziare l’azione di detti organismi (ad esempio, dei Comuni). Occorre cioè che i Comuni, le comunità locali (le civitas) diano vita a spazi civici, a forum e a luoghi dove riappropriarsi dei temi pubblici secondo le categorie della politica. E ciò, ovviamente, con l’avvertenza che l’insieme dei progetti locali si inserisca adeguatamente nel “disegno” nazionale, come i giusti tasselli in un mosaico.
Anche per l’Europa l’unità dei partiti non è meno importante. Un’unità che operi per l’unità dell’Europa. Ma sul “come” io vorrei l’Europa mi riprometto di ritornare.
Per ora, basta così!
Paolo Venzano
Aggiungo qualche riga per esprimere il mio parere sulle domande che si pongono, e ci pongono, molte persone circa il prevedibile, grosso successo di Salvini e di Di Maio anche alle prossime elezioni europee. Sappiamo che il primo è dato attualmente al 31/32 % e il secondo al 26/27 %. E tanta gente si stupisce e si chiede: com’è possibile tutto questo? A me sembra chiarissimo (ma siamo in molti a pensarlo) che i populisti italiani stiano pescando a piene mani in quella “classe media” (di impiegati, professionisti, insegnanti, artigiani…) che negli anni ha perso la sua soddisfacente posizione mediana, a partire da quella economica. Si tratta quindi di un voto di reazione, di rabbia e di…speranza. Lo stupore può stare semmai nel fatto che la cosa è avvenuta in modo rapido e inaspettato. Il rimedio a una situazione del genere sta in una politica di investimenti economici (come ha pure affermato oggi stesso il governatore della Banca d’Italia), tale da ridare anche nuovo respiro alla “classe” suddetta. E tutto ciò rende ulteriormente evidente la necessità e l’urgenza dell’impegno politico unitario dei cattolici italiani. Paolo V.
Grazie Paolo, per aver sollevato questo argomento molto importante. Dalla “caduta” della prima repubblica, non avvenuta in modo democratico, ma credo decisa a tavolino ha segnato le sorti di molti partiti che all’epoca erano al governo, : Democrazia Cristiana, Partito socialista, Partito Social Democratico, Partito Liberale e Partito Repubblicano, il famoso penta partito, l’azione giudiziaria che ne ha determinato il ridimensionamento a piccoli partitini se non addirittura l’estinzione, ha evitato di “toccare” altri partiti, allora all’opposizione che erano a loro volta coinvolti nel “sistema” tangenti. All’inizio questa operazione è stata accolta con grande soddisfazione dai cittadini italiani, compreso quelli che credevano nei partiti coinvolti, anche se ha generato, almeno inizialmente, sgomento e delusione, questi sentimenti a breve si sono trasformati in ottimismo e speranza con la certezza che chiunque avesse governato dopo avrebbe messo al primo posto il bene comune. E’ da questo momento che è nata una bella idea, ovvero vivere e testimoniare che si più vivere la fraternità in politica e che un politico attraverso questa può diventare santo. Così i cristiani si sono “divisi” chi si è impegnato a destra e chi a sinistra.
Personalmente credo che abbiamo perso una grossa opportunità, infatti a mio avviso, nonostante molti tentativi non siamo riusciti a realizzare questa idea, e anzi i cristiani sono stati incapaci a portare nei loro schieramenti i valori cristiani e si sono appiattiti sulle idee del loro schieramento più che seguire la dottrina sociale cristiana, non solo non siamo riusciti a realizzare e testimoniare che si può vivere la fraternità ma si è reso anche molto difficile il dialogo, impegnati più a convincere il fratello alla nostra idea che amare il partito altrui come il proprio. Senza mezzi termini ritengo che questa esperienza sia stata un fallimento. Ora che fare, come possiamo ricominciare ? Ricordo che la Democrazia Cristiana non era votata solo dai cristiani convinti, ma anche da moltissimi non credenti, ma che vedevano in questo partito la possibilità di conservare quella libertà conquistata dopo il fascismo e la speranza di un futuro più roseo per loro e i propri figli, credendo che questo partito fosse l’unica possibilità per non permettere a partiti di ispirazione comunista di andare al potere.
Fatta questa premessa, pur con le grandi difficoltà del momento, con lo sviluppo di nuove forze politiche non vedo altre soluzioni di concentrarci su un unico partito che non sia schierato ne a destra e nemmeno a sinistra che porti con forza e senza compromessi i valori cristiani, che riesca ancora ad unire, come era in grado la “balena bianca” tante idee e sensibilità. Credo che De Gasperi avesse ragione quando affermava “Solo se uniti vinceremo”.