Il Cardinale Dionigi Tettamanzi, vescovo anche a Genova e Milano, ci ha lasciati sabato 5 agosto 2017 all’ età di 83 anni.
«Verrai ancora a trovarmi,vero?». Fu questa la richiesta che il Cardinale Dionigi Tettamanzi mi rivolse, quando in Sant’Ambrogio, ebbi modo di trattenermi con lui. Parlammo e alla fine lo salutai, con la promessa che ci saremmo rivisti; era la sera del 16 marzo del 2011 e a giugno avrebbe lasciato la guida della chiesa Ambrosiana per limiti di età. Aveva celebrato una messa e nell’omelia aveva accennato con un linguaggio che veniva dal cuore, ai suoi anni di ministero pastorale nella chiesa di Milano. «Sin dall’inizio ho proposto a tutti gli ambienti ecclesiali la triade:comunione-collaborazione-corresponsabilità in una dinamica missionaria che mostra un volto nuovo di Chiesa, in perfetta sintonia con il Concilio», e aveva raccontato le sue fatiche, le sue gioie e le tante speranze che lo avevano animato negli anni.
E poi una confessione: «in questa stagione conclusiva del mio ministero mi è di luce la frase di una mistica moderna che guardando a Maria Desolata ai piedi della croce afferma: “Ogni distacco dal ben che ho fatto un contributo a edificare Maria”. Sento di affidare totalmente a Dio quanto ho fatto in questi anni, sapendo che il seme evangelico gettato produrrà frutto a tempo opportuno e che Dio porterà a compimento l’opera che ha condotto attraverso di me». La chiesa che aveva amato come una madre , alla quale aveva insegnato il primato della carità, la purezza del Vangelo, ora la doveva lasciare e questo gli costava non poco. Il paragone con Maria che perde il figlio ai piedi della croce, aveva toccato chi lo ascoltava. Dionigi Tettamanzi 83 anni, già vescovo di Ancona Osimo, Cardinale di Genova e infine di Milano dal 2002 al 2011, il Cardinale con l’umiltà di un parroco, sempre sorridente e disponibile con tutti è morto sabato 5 agosto a Triuggio, una casa dell’Arcidiocesi di Milano.
Attento e aperto alla città, ai suoi bisogni, per Milano è stato simbolo di un riscatto civico meritandosi l’appellativo di “Vescovo di Kabul”, e qualcuno lo chiamava “Dionigi l’Imam”. Ma al Cardinale non interessava quello che gli veniva attribuito dalla politica rozza. A lui stava a cuore l’uomo e allora si batteva perché i Musulmani avessero un moschea e i nomadi non venissero relegati nei campi disumani nella periferia della città ricca. La sua ansia pastorale fu sempre la stessa: battersi per la cultura dell’accoglienza contro l’egoismo di una società troppo arida. Per questa sua attenzione al sociale nel Natale del 2008, quando la disoccupazione iniziava a mettere in ginocchio tante persone, ha istituito il “Fondo Famiglia Lavoro”, per farsi prossimo a chi stava perdendo il lavoro. Fondo che dura tuttora e che sta aiutando centinaia di famiglie. E lui Dionigi, per primo vende all’asta la collezione di presepi, i quadri e tutti gli oggetti di valore ricevuti come regalo. Stare con gli ultimi era una sua caratteristica, non poteva farne a meno.
Era la vigilia di Natale del 2010, una giornata piovosa, con nebbia e umido che penetrava le ossa, quando in un campo nomadi della periferia arriva il Cardinale. Porta la solidarietà e gli auguri della chiesa, della città. Visita tutte le baracche, saluta uno ad uno chi le abita. L’immagine finale è quella di un prete infangato fi no alle ginocchia e bagnato come un pulcino. Ma pienamente soddisfatto di quel gesto che stempra le non poche tensioni. Tettamanzi, profondamente spirituale, teologo moralista, ancorato al Vangelo vissuto senza risparmio, e profondamente ancora alla città. Il suo è stato un episcopato di apertura e accoglienza integrazione delle differenze e di inclusione delle fragilità. Amava spesso ripetere che è meglio essere un cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo.
Se oggi, è stato scritto, Milano è capace di sorprendere con gesti di apertura e di accoglienza penso al grande impegno civile sul fronte dell’immigrazione, se sa dialogare in forme costruttive con la cultura laica e religiosa, basti pensare alle innumerevoli occasioni di scambio, molto lo deve ad una chiesa discreta aperta, capace di ascoltare e di mettersi in gioco, profondamente laica e insieme capace di spiritualità. Grazie Dionigi per il bene che mi e ci hai voluto. Addio!
Silvano Gianti