Papa Francesco ha parlato ai vescovi italiani riuniti per la loro 70sima assemblea della Conferenza episcopale . Un intervento dal cuore del pastore. Un intervento che continua nello stile del convegno ecclesiale di Firenze, dove era stato chiesto dal papa e dai fedeli un cambio di rotta ai loro pastori.
Si era invocato un passaggio necessario, cioè che venissero abbandonate le teorie dei valori negoziabili, e quelle delle complicità con disegni politici, e si iniziasse un nuovo percorso: quello del Vangelo e a nient’altro. Nel suo discorso ai vescovi, papa Francesco ha scelto la via della penitenza e della purificazione, piuttosto che quella del progetto. Ha confrontato la chiesa italiana con le sette chiese dell’Apocalisse, ha indicato i peccati, il venir meno del primato della preghiera, di quello della lettura della Bibbia e del primato dei poveri. La penitenza e la purificazione sono la fonte della collegialità e del camminare insieme. Come dice papa Francesco: respiro e passo sinodale rivelano ciò che siamo e il dinamismo di comunione che anima le nostre decisioni. E nell’indicare questo orizzonte, papa Francesco ha citato Bonhoeffer e Teresina, due santi, del martirio a caro prezzo e della missione nella piccolezza. Essi narrano la missione per il tempo che ci sta dinanzi.
In questo contesto è stato eletto il nuovo presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti. Egli si è presentato senza un programma. In realtà, il programma della Chiesa italiana sta nelle sette chiese dell’Apocalisse, ciascuna con i suoi peccati e con le sue grazie. Bassetti nella prima affollata conferenza stampa a conclusione dell’assemblea della Cei si è definito un improvvisatore «nel senso del contrario di un calcolatore». Ha spiegato di preferire «l’istinto del cuore» più della ragione per «scelta evangelica» e per intervenire rapidamente sulle necessità, ma «non senza pensare».
Spiega che il suo stile sarà quello “comunionale” e conta molto sul lavoro comune, «insieme potremo fare qualcosa di bello», «camminando non solo insieme, ma sulla stessa strada» di comunione e sinodalità. Gli sembra che al papa stia a cuore «una conversione pastorale» prima dei cuori e poi «delle mani», concreta, verso una Chiesa inclusiva «per accogliere tutti e per andare verso le periferie». La Chiesa «come ospedale da campo» è la stessa intuizione che ebbe «don Mazzolari 60 anni fa quando parlava di una Chiesa come un’ambulanza che raccoglie i feriti».
I giornalisti presenti, pongono le più svariate domande e don Gualtiero risponde con passione e saggezza. Come su migranti, pedofilia, politica, eutanasia, accesso ai sacramenti per divorziati risposati, terremoto, gender e altre ancora. Impossibile dice argomentare in poco tempo e su tutto -, ma efficaci, evangeliche. La chiesa «punterà sulla politica con la P maiuscola e sul bene di tutti» e non sui singoli schieramenti dei partiti.
Riguardo ai migranti apprezza l’iniziativa della Cei “Liberi di partire, liberi di restare” perché «le persone non devono essere costrette a lasciare la loro terra e bisogna creare le condizioni per poter restare».
La pedofilia è aberrante, «mia nonna mi diceva sempre che i bambini non si toccano. Sono sacri». Per l’eutanasia sottolinea di far «sentire l’affetto e la vicinanza» alle persone malate perché avvertano che «hanno un valore». E, in ogni caso, «la legislazione dovrebbe tenere più conto del parere del medico, che deve essere più coinvolto per sostenere il malato».
Sull’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati sottolinea un passaggio importante: «Non fare una omologazione tra situazioni irregolari e peccato mortale». L’Amoris laetitia, dice «non è un documento opinabile, è magistero della Chiesa, come quello di tutti gli altri papi».
E conclude con una risposta sui poveri: sempre la Chiesa ha parlato di loro, ma ritiene che papa Francesco abbia introdotto un nuovo concetto, «quello dello scarto perché siamo in una società che emargina. Anche chi arriva ultimo nel Giro d’Italia ha una sua dignità». È inserito in una classifica, mentre oggi, «nella nostra società i poveri sono esclusi, diventano spazzatura».
Silvano Gianti