IMMACOLATA: L’ IMPOSIBILE NON E’ PERCHE’ L’ AMORE HA DETTO SI

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Rallegrati”, “Non temere”, “Tutti la dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Le tre parole rivolte dall’Angelo, colui che porta notizie, a Maria ci restituiscono il significato profondo della festa che viviamo oggi. La festa dell’Immacolata concezione di Maria, se approfondita senza pregiudizi, ci dice qualcosa di molto profondo non solo in quanto credenti ma soprattutto come uomini e donne che fanno i conti con una delle svolte epocali più importanti degli ultimi secoli. Spesso ci sentiamo impreparati di fronte ai numerosi cambiamenti, alle sfide politiche, sociali e culturali che dobbiamo affrontare. Queste tre parole ci introducono in uno sguardo sul mondo, sulla vita e sull’altro che possiamo fare nostro per vivere con autenticità le sfide di oggi.

Di che sguardo stiamo parlando? Quale scenario dischiudono le tre parole che l’angelo affida alla donna che non conosce peccato, che non sceglie quell’insana volontà di essere tutto trascurando il proprio limite e, quindi, la bene-dizione dell’altro? È quello delle tre parole: rallegrati, non temere, dicevano sterile ma nulla è impossibile a Dio. È uno sguardo che, dunque, dice fiducia, coraggio e affidamento. È uno sguardo di Bellezza su sé e sul mondo. È quella Bellezza che sola può salvare il mondo. Una Bellezza incredibilmente umile e silenziosa, ma che è anche concretamente presente, generosa, che sa vedere l’altro e i suoi bisogni e non cerca ossessivamente di affermare se stessa o di volere conferme. Una Bellezza che sa risplendere senza indicarsi e che, inoltre, ha il coraggio, tremendamente importante, di non fermarsi a quanto gli altri dicono. In fondo, da dove nasce la nostra disillusione, la nostra incapacità, tutta adulta, ma oggi anche molto presente nei giovani, di affidarsi, di osare di immaginare scenari diversi da quello che vediamo di fronte? Dal nostro fermarci al si dice, si fa, al è così e non può essere altrimenti. Abbiamo, allora, bisogno di riscoprire dentro di noi quel desiderio di Bellezza, che non ha a che fare con il rumore invadente delle vetrine da social, delle foto da Instagram, dei post da Facebook. È una Bellezza molto più profonda della nostra paura di non-essere e, quindi, del nostro affannarci per apparire e consumare.

Proviamo a metterci alla scuola dell’Immacolata, alla sua scuola di Bellezza così da re-imparare e insegnare a sciogliersi di fronte all’umiltà che sa stupirsi dell’annuncio del reale: noi siamo un limite grande e la nostra vita, quando è autentica, si dispiega nel vivere l’altro come approfondimento. Ed è proprio quello che fa Maria una volta ascoltato l’annuncio di Dio: si chiede come può avvenire il miracolo della vita di Dio in lei, si affida alla veridicità di tale notizia e sa osare quel che gli altri dicono impossibile. L’Amore, spesso, è osare l’im-possibile, il non del possibile e l’è del reale che ancora non è ma già, in noi, si dischiude. Nella concretezza, donare se stessi agli altri significa non fermarsi a quanto il mondo taccia per ingenuità, inutilità, mediocrità.

Maria sa che il donarsi è molto più che un atto di volontà o di eroismo, per questo è bella. Sa che fare della propria vita un alla realtà che vuole risplendere in lei, significa accordare il proprio desiderio con il mistero dell’altro. Mistero nel senso biblico di realtà che si rivela. L’altro dice qualcosa su di me e sulla mia vita. Quando si vive questo, si accetta che l’im-possibile non è. Non in virtù del proprio allenamento, della propria capacità, del proprio talento, che danno vita solo quando si accettano come ricevuti e mai veramente posseduti. L’im-possibile non è solo per chi accetta se stesso come eco, come grembo d’amore per il mondo e si mette all’opera a partire dal grido dell’altro. Ecco allora la bellezza dell’Immacolata, vera scuola per chi come noi è alle prese con un mondo sull’orlo di guerre nucleari, del riscaldamento globale, dell’inquinamento ecologico, sociale ed economico che porta esclusione, ingiustizia, disuguaglianza, della cultura dello scarto: essere portatrice di Dio, ovvero della vita che si dona, essere il suo grembo caldo e accogliente. Questo essere-grembo ci libera dal proiettare sul reale la nostra volontà e, dunque, dall’ossessione del risultato e della prestazione; ma, allo stesso tempo, non ci impedisce, anzi ne è vera fonte, dell’osare, del sognare l’utopia, il non luogo, che nel momento in cui è desiderato con altri ascoltando il reale, non è mai fuga, ma dono di sé, lavoro quotidiano e instancabile che sa far del riposo quello che davvero è, relazione come fine in se stesso. In questa prospettiva anche il lavoro può essere vero riposo. E questo essere-grembo sa darsi anche un nome, non si crogiola più nel chiedersi “chi sono?” e nel voler cercare risposte dove non può trovare vita. L’essere-grembo sa chiamarsi servo dell’unico Signore e, quindi, insieme a Lui sa essere veramente libero e veramente padrone di sé e delle sue scelte.

Buona festa allora, che l’im-possibile si riveli in noi e che ci trovi pronti, ancora e sempre, a dirgli: eccomi, sono la serva del Signore.

Davide Penna

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Una risposta a “IMMACOLATA: L’ IMPOSIBILE NON E’ PERCHE’ L’ AMORE HA DETTO SI”

  1. Ho letto e riletto la riflessione di Davide sull’Immacolata: pur apprezzando l’alto livello di quanto scrive, confesso che per il mio limite culturale, faccio fatica a seguire il “filo” del suo discorso, ma mi sforzo comunque di coglierne – almeno un po’ – il “succo”. Mi è venuta in mente l’ingenuità di Bernardette che, pur ripetendo l’affermazione della “Signora” *Io sono l’Immacolata Concezione *, non ne capiva assolutamente il significato.
    Come credente nella verità del Dogma proclamato dalla Chiesa, sono certo che davvero nulla è impossibile a Dio e, riferendomi a Maria, penso che l’essere stata preservata dal peccato originale fin dal primo momento del suo concepimento, non è tornato solo a suo vantaggio, ma grazie a questo eccezionale privilegio, tutti noi beneficiamo della Redenzione da parte del suo Figlio Gesù, incarnatosi e nato da Lei proprio per il Suo “SI'”.
    Agostino

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