Continuiamo la riflessione sulle Riforme Costituzionali ospitando il seguente articolo pubblicato sul SECOLO XIX del 20.09.2016.
Nei prossimi giorni sarà ufficializzata la data del referendum. In questo ambito vorrei dare un contributo toccando alcuni temi poco presenti nel dibattito pubblico e che invece sono, a mio parere, la vera novità di questa riforma. Mi riferisco al nuovo ordinamento delle Regioni e dei Comuni per alcuni aspetti puntuali ma decisivi. Se la riforma sarà approvata il rapporto tra le Istituzioni costitutive della Repubblica ( art. 114) sarà molto diverso da oggi: in una parola più gerarchico.
L’art. 11, relativo alle nuove competenze regionali, è fortemente modificato: le competenze esclusive dello Stato sono ampliate, quelle concorrenti abrogate del tutto e, per quanto riguarda le competenze esclusive regionali, abbiamo un elenco di materie che, più o meno, a parte i termini più moderni , ricalca le competenze dell’art 117 della Costituzione del 1947.
E non è finita qui: su proposta del Governo lo Stato per la tutela dell’interesse nazionale può intervenire su materie di competenza regionale. Inoltre è possibile per lo Stato delegare, previa intesa, alle Regioni che hanno i conti in ordine l’esercizio di competenze statali. Non è difficile prefigurare il nuovo sistema: Regioni povere di competenze e risorse differenziate in funzione della ricchezza prodotta dal proprio territorio. Il Governo diventa arbitro e tutore e nella sostanza le Regioni saranno sempre più spinte a trasformarsi in enti gestionali.
Per i Comuni c’è la novità dell’art. 119: dopo aver stabilito che i Comuni hanno risorse proprie, le stesse “assicurano il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche dei Comuni”, questo articolo certifica le disuguaglianze territoriali. Certo sono previsti interventi ”speciali “ dello Stato per mitigare le storture più evidenti. Ma lo schema è sempre lo stesso: il Governo decide i vincoli finanziari e le risorse (vedi la gestione dell’IMU), controlla il rispetto delle regole, distribuisce mance ai Comuni e alle Regioni più povere o meritevoli. Mettendo in relazione gli articoli citati con l’art. 81 si evince chiaramente l’affermazione di un nuovo principio costituente: la compatibilità finanziaria, detta altresì austerità .
Se questa riforma sarà approvata, in poco più di un decennio passeremo da un’ipotesi di Repubblica federale ad un neocentralismo statale al di fuori del tempo e della storia.
Una riforma opaca e modesta, è stato detto, e questo giudizio è confermato da tante piccole modifiche che sfuggono all’attenzione dell’opinione pubblica, ma che – valutate unitariamente – prefigurano un’architettura istituzionale sempre più verticistica ed autoreferenziale.
Alcuni esempi: il Presidente della Repubblica sarà eletto dalla settima votazione in poi dai tre quinti dei votanti e non più degli aventi diritto; si delimita meglio il potere del Governo di emanare decreti legge, ma si inventa la corsia preferenziale per cui i disegni di legge governativi devono essere approvati in 70 giorni; la Costituzione non solo tutela ma “promuove“ la concorrenza (art. 117 ). Come si potranno coniugare i principi costituzionali di uguaglianza e tutela dei diritti sociali, come la salute il lavoro la cultura, con la concorrenza, sarà tutto da dimostrare.
Attraverso una lettura unitaria di queste modifiche è molto difficile sostenere che il cittadino avrà più poteri, anzi si ha la sgradevole sensazione che di fatto assumerà il ruolo di spettatore di una partita giocata da altri per suo conto.
Infine alcune osservazioni sulla legge elettorale, cosiddetta Italicum.
Fino a poche settimane fa il Governo ed i partiti collegati smentivano categoricamente un collegamento tra legge elettorale e Riforma. Ora, smentendo se stessi, ragionano su come riformare la riforma elettorale, e a ragione.. L’Italicum è una legge valida solo per la Camera ed è stata approvata con largo anticipo rispetto alla riforma costituzionale dando per scontato il risultato positivo del referendum, alla faccia della volontà popolare.
Se i cittadini bocceranno la Riforma , grazie a questo Parlamento ci troveremmo nell’assurda situazione di dover votare per la Camera con l’Italicum e per il Senato con il Porcellum: incredibile ma vero. Il punto chiave della legge elettorale è il ballottaggio: una minoranza anche esigua ottiene per legge la maggioranza assoluta alla Camera, 340 su 618; sono esclusi dal computo i 12 parlamentari eletti all’estero. Con questi numeri le conseguenze sono evidenti: si concentra il potere esecutivo e legislativo nelle mani di pochi. E’ un bene per i cittadini? Alcuni pensano di si, ritenendo che il rafforzamento dell’esecutivo sia indispensabile per risolvere i problemi del Paese, l’importante è decidere e in fretta. L’azione, la velocità, diventano di per sé un valore a prescindere dal merito . Ma è un’opinione smentita dai dati concreti e dalle esperienze di tanti Paesi democratici. La Germania, esempio di stabilità politica, ha una legge elettorale di orientamento proporzionale, come del resto la maggior parte dei Paesi europei. Purtroppo è un’illusione pensare di governare società complesse come le nostre rimuovendo conflitti, interessi, diversità, riducendo i mille colori della vita al bianco e nero, al si o al no. Occorre invece riscoprire e valorizzare la buona politica, la cittadinanza attiva, per poter governare le mille diversità sociali nell’interesse di tutta la comunità.
Luigi Picena
vedi anche: La riforma costituzionale al bivio del Referendum