MIGRANTI: SEGNO DI DIO CHE PARLA ALLA CHIESA

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Occorre una “rielaborazione di una missionarietà efficace”, perché “il fenomeno delle migrazioni ci chiede di essere missionari nell’accogliere le genti a casa nostra”. Lo scrivono i vescovi della Conferenza episcopale ligure in un documento sui profughi. Un testo per offrire alle comunità cristiane – scrivono – una riflessione che aiuti a leggere le migrazioni come un segno di Dio che parla alla Chiesa, non dimenticando le cause del fenomeno. 

Troppo spesso il tema dei profughi e dei loro Paesi di origine viene trattato superficialmente, sulla base di pregiudizi”, denunciano i vescovi, sottolineando che “il Sud del mondo vive gravissimi problemi che sono la conseguenza di politiche economiche e di strategie geopolitiche che altro non sono che giochi di potere, pagati a caro prezzo soprattutto dai poveri”. 

In realtà, “l’arrivo dei richiedenti asilo nei nostri paesi solleva non solo problemi di ordine sociale ed economico, ma anche ecclesiale, perché fa emergere la profonda difficoltà delle nostre comunità ad essere evangelizzatrici verso queste persone, anche solo nella modalità dell’accoglienza. Persino il rapporto con gli immigrati cristiani spesso risulta estremamente faticoso”. 

Di qui la necessità di un nuovo passo verso l’accoglienza, cercando di comprendere “le ragioni che spingono enormi masse di persone ad abbandonare il proprio Paese”, dalla mancanza di prospettive al degrado ambientale e al terrorismo, dalle guerre alla violazione dei diritti umani. Di fronte a questi drammi, i vescovi liguri suggeriscono “l’inserimento dei rifugiati nei nostri paesi, come vere risorse umane e culturali”, superando la “distinzione di trattamento tra profughi politici e profughi economici”. “La migrazione – scrivono – coinvolge la vita di tutti, ci ‘tocca’ tutti in eguale maniera”. Sollecita le diocesi ad un profondo ripensamento delle modalità con cui “offriamo la proposta evangelica”: “Ora che l’annuncio ad gentes non è più solo ai confini della terra, ma è entrato prepotentemente nella nostra vita sociale, le comunità cristiane devono usare parole e porre gesti capaci di dire il Vangelo anche agli stessi migranti che vengono da una formazione cristiana”. 

Il fenomeno delle migrazioni forzate – scrivono nel messaggio – domanda un rinnovamento del linguaggio e della prassi dell’evangelizzazione a cui, come Chiesa, non possiamo sottrarci”. Il primo passo da cui partire è “un profondo cambio di prospettiva: fino ad ora la missio ad gentes ha prevalentemente favorito l’atteggiamento di chi è chiamato a portare ad altri il Vangelo, la cultura, gli aiuti. Ora il mondo, le culture, le religioni interpellano le nostre Chiese”. “Occorre anzitutto ascoltare: i profughi sono portatori di culture altre, di stili di vita differenti, di sensibilità alternative alle nostre e, quando cristiani, di un patrimonio di esperienza di fede e vita ecclesiale da cui abbiamo molto da imparare, soprattutto in un contesto così secolarizzato come il nostro”. 

Dobbiamo continuare a sostenere la scelta di misurarsi, in modo compromettente, nell’accoglienza dei richiedenti asilo come degli altri immigrati, come già abbiamo fatto. Vogliamo vivere un’attenta dinamica evangelica che sappia leggere a fondo i ‘segni dei tempi’ dando adeguate risposte e sollecitare un profondo ripensamento del modo di fare cultura all’interno della Chiesa. Scegliere di accogliere e farlo nel modo opportuno – concludono i vescovi – non è solo un’urgenza morale, ma cambia la prospettiva del nostro modo di pensarci come Chiesa.” 

Silvano Gianti


Leggi l’intero documento dei Vescovi liguri


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