Anche quest’anno il 25 aprile sarà giorno di festa, memoria, gratitudine verso i tanti italiani e le tante italiane che hanno saputo combattere, resistere e amare la libertà al punto da dare la vita per il bene comune. Quello del 25 aprile è un giorno caro, da custodire, e soprattutto da tramandare alle nuove generazioni, a chi la parola fascismo suona come eco di un passato lontano, sconosciuto, letto, forse, sui libri, ma che dice poco o nulla per le sfide complesse del presente, di chi vede sempre più il futuro come una minaccia senza certezze, di chi è senza lavoro e non arriva a fine mese, di chi vede la pensione e la tranquillità familiare, economica e sociale, sempre più come un miraggio. Ricordare e celebrare per vivere da figli liberi di chi ha resistito contro la tirannia, è quanto mai necessario; ma ritengo sia altrettanto importante, nel 2018, chiedersi quale sia il senso più profondo dell’antifascismo e, quindi, di contrasto, quello del fascismo. Non solo per imparare una lezione di storia, ma soprattutto per essere uomini e donne liberi di affrontare il presente e il futuro.
Per farlo vorrei partire dalla citazione di un documento straordinario; una lettera scritta il 10 settembre 1943, quindi due giorni dopo l’annuncio, da parte del governo Badoglio, dell’armistizio di Cassibile, e quasi due mesi dopo dall’ordine del giorno Grandi che dimissionò, dopo più di vent’anni, il governo Mussolini. L’autore è De Gasperi, il destinatario Sergio Paronetto, economista, politico, fra gli ispiratori del Codice di Camaldoli, che sarebbe morto prematuramente il 20 marzo 1945. Ecco un passaggio significativo della lettera a proposito dell’antifascismo post-fascista:
«l’antifascismo a cui dobbiamo ancora tenere non è quello impastato di rappresaglie, di bandi e di esclusioni, ma è il criterio che ci serve a identificare, misurare e giudicare gli stessi antifascisti e non fascisti: la mentalità antilibertaria della dittatura borghese-repubblicana, militare-monarchica o proletario-comunista; la passione rivoluzione dei comitati di salute pubblica, l’ambizione giacobina d’improvvisare le riforme, la suggestione del nuovo e dell’ardito a qualunque costo […] abbiamo il vantaggio di patrocinare la libertà in contrasto con l’esempio più esiziale dell’anti-libertà demagogica: il fascismo. Ecco perché in tal senso, l’antifascismo è una pregiudiziale ricostruttiva che non riguarda la tessera, ma l’animus, i metodi della vita pubblica»1.
Il testo mi sembra particolarmente efficace perché riesce a delineare un senso ampio di fascismo, tale da essere universalizzabile a tutte le epoche storiche che debbano affrontaremomenti complessi. In questo senso ampio di fascismo si riflette, a bene vedere, ogni ideologia che non miri alla costruzione faticosa e relazionale del bene comune, ma solo ad affermare se stessa. Le ideologie che De Gasperi chiama dittatura borghese-repubblicana, o militare-monarchica, o ancora proletario-comunista, sono, con accenti differenti, tutte accomunate da un punto decisivo, peculiare del fascismo: l’eliminazione della diversità. Operazione che può avvenire con un processo giudiziario o con una rivolta sociale… ma può essere portata avanti anche con una indegna campagna elettorale o con l’incapacità di dialogare e l’errore, quanto mai diffuso, di scambiare il senso di responsabilità… con il senso, smodato, di se stessi. Allora l’antifascismo di cui abbiamo un grande bisogno oggi è impastato di dialogo, apertura, ascolto. Di tutti. Penso alle consultazioni per fare il nuovo governo; che tristezza sentire partiti, partitini e coalizioni, rivendicare a sé il voto degli italiani (che, invece, non hanno premiato nessuno, perché nessuno si è minimamente avvicinato alla maggioranza) per ricattare gli altri; che brutto spettacolo vedere sempre commenti volti a distruggere l’immagine pubblica dell’avversario. Occorre dirlo, una volta per tutte, e che valga per qualunque partito, movimento, o uomo politico: chi parla di incandidabili, chi si affanna nel mostrare l’impresentabilità dell’altro, sta agendo da fascista! Il 25 aprile è più che mai necessario per ricordarci che solo attraverso faticosi dibattiti, ascolto snervante dell’altro, pochi slogan e più capacità di non sentirsi unici messia della politica, si può costruire un futuro buono per gli italiani.
Il fascismo, ma potremmo parlare di ideologia a questo punto, agisce quasi sempre assolutizzando uno dei due punti del trittico della rivoluzione francese (libertà o uguaglianza) e dimenticandosi sempre il terzo (la fraternità). Se il fascismo storico aveva assolutizzato l’uguaglianza sacrificando la libertà, proprio perché fece piazza pulita della fraternità, ovvero la consapevolezza della necessità dell’altro per il mio bene, oggi potremmo dire che la finanziarizzazione, non solo dell’economia, ma anche e soprattutto di ogni spazio comune, ha sacrificato sull’altare della libertà, l’uguaglianza, proprio perché ha perduto il vocabolario della fraternità. Per far sì che economia e politica siano, non una sottomessa all’altra, ma in dialogo per servire l’uomo, come auspicato più volte da papa Francesco nella Laudato sì, dobbiamo combattere come fecero i nostri nonni e appropriarci dello spazio ineludibile e non negoziabile della fraternità, di quella profetica visione secondo cui nessuno, in politica, possiede la Verità, e in tutti vi è l’apertura al bene comune. Fare politica è rinunciare a tutte quelle visioni soffocanti in cui non c’è spazio per l’altro; questo significa esseri veri antifascisti.
Ma attenzione! Se, allora, questo fascismo post-fascista è rinvenibile in ogni ideologia che annunci messianicamente se stessa come panacea di ogni male, l’antifascismo post-fascista, di cui oggi è vivificante celebrare non solo il ricordo ma la sua profezia per il presente, non è quello delle manifestazioni pronte a rinvenire nemici, impastato di rappresaglie, bandi ed esclusioni. No! È, invece, quello che, riprendendo le parole di De Gasperi, ha saputo fare davvero i conti con la storia e, quindi, rinunciare alla passione rivoluzionaria dei comitati di salute pubblica, l’ambizione giacobina d’improvvisare le riforme, la suggestione del nuovo e dell’ardito a qualunque costo. E dunque una dev’essere la formula d’ordine di ogni vero anti-fascista: ascoltare tutti per costruire insieme! Fare questo implica, in realtà, molte capacità: saper entrare in profondità nei problemi, rinunciando alla passione insana per i proclami che incendiano l’opinione pubblica ma non hanno contenuto; saper leggere criticamente la propria e l’altrui visione, per veder i limiti della prima, e le possibilità della seconda; ricordare che la politica è servizio dell’uomo, specie del più debole, e quindi venera come sacra la dignità dell’essere umano. Di ogni essere umano, anche del più corrotto e criminale.
La dignità di un uomo non si identifica con il livello di condivisione o argomentazione delle sue idee. È molto, molto più grande. Questo l’ideologia lo dimentica sempre. Quando la società civile ha una visione ideologica, la politica diventa una battaglia di civiltà, le notizie servono solo a convincersi meglio della propria idea e dell’assurdità dell’opposta (e quindi a dimenticare sempre più la dignità di chi la sostiene). In questo contesto prende più voti e consensi chi aizza meglio la battaglia e individua il nemico. La cura al male ideologico non sono le manifestazioni “anti” che, per quanto animate da buone intenzioni, hanno un grosso rischio ideologico. La cura al fascismo di ogni epoca è l’educazione alla dignità umana. Un buon modo per festeggiare il 25 aprile è ricordarlo a se stessi e agli altri.
Davide Penna
G. Matulli, Alcide De Gasperi. Quando la politica credeva nell’Europa e nella democrazia, Clichy, Firenze 2018.
Mi sembra molto vero il fatto che individua il testo di De Gasperi, che cioè esista un Antifascismo con la A maiuscola che ha un significato più ampio della lotta portata avanti dalla resistenza Italiana che insieme ai profondissimi valori ha visto anche inquinamenti meno luminosi.
Quanto dici sull’assolutizzazione di uno dei due poli del trittico rivoluzionario: uguaglianza e libertà, mi pare si colleghi alla coscienza che la realtà è più grande di noi e possiamo avvicinarsi alla sua comprensione solo unendoci nella fraternità.
bello! grazie
Grazie Davide! Abbiamo bisogno di ruminare le nostre idee