Essendo da tanti anni interessato alle questioni bioetiche (già in gioventù avevo acquistato un testo di Dionigi Tettamanzi, recentemente scomparso), io ho seguito nel modo più attento la dolorosa vicenda di Charlie Gard. Vorrei perciò riparlarne sommariamente, anche se Davide Penna l’ ha ricordata in modo esauriente, soprattutto per comunicare le conclusioni di carattere personale che mi ha suggerito.
Diciamo subito che, con gli elementi in nostro possesso, il caso era praticamente irresolubile. Per chi crede al valore unico della persona umana e che la stessa va rispettata sino alla sua fine, il fatto di “staccare la spina”dei macchinari che portavano l’alimento, l’acqua e l’aria al piccolo Charlie significava esercitare su di lui una vera “eutanasia passiva”. In questo senso si erano espressi, tra gli altri, il card. Elio Sgreccia, bioeticista di fama internazionale e presidente della pontificia Accademia per la vita, e il prof. Gianluigi Gigli, medico e responsabile del Movimento italiano per la vita.
Sul fronte opposto noti medici di ispirazione cristiana sostenevano che sul piccolo, tenuto in vita nel modo anzidetto, era invece esercitato un vero e proprio “accanimento terapeutico”, moralmente inaccettabile.
In una situazione del genere la cosa certa che si può rilevare è che a Chris e a Connie Gard (che pure hanno infine accettato che “si staccasse la spina”) non sono stati riconosciuti tutti i diritti naturali che a loro spettavano in qualità di genitori. A partire dalla inascoltata richiesta che Charlie terminasse la sua vita fra le loro braccia, nella loro abitazione (cosa tecnicamente possibile in quanto, come hanno rivelato alcune foto scattate all’ultimo, le apparecchiature che tenevano in vita il bimbo erano “portatili”).
Che dire ancora su questo “caso”, che ha tenuto in ansia il mondo intero o quanto meno quello occidentale? Che l’evoluta Umanità ha ancora molto da imparare, e sia nel campo della scienza che in quello della morale…Ma io, come dicevo nel titolo di questo scritto, vorrei in particolare riportare le conclusioni di natura personale che il caso stesso ha suggerito. Alludo a quanto segue.
Se pure a me capitasse di essere tenuto in vita da macchine simili a quelle di Charlie, cosa vorrei si facesse? Faccio anche mie, sostanzialmente, le dichiarazioni di volontà di altri:
1 – Non vorrei alcun accanimento terapeutico, ma solo la normale assistenza, compresa l’alimentazione, la ventilazione e l’idratazione (anche Gesù ha voluto un sorso d’acqua prima di morire);
2 – In caso di forti sofferenze, vorrei mi fossero somministrate tutte le cure palliative e sedative, ma non la sedazione profonda, per quanto cristianamente lecita, perché essa viene praticata sapendo e volendo che il paziente non si risvegli più.
Sarei contento, e penso sarebbe utile, se altri esprimessero la loro opinione sui due punti elencati (che potrebbero ovviamente far parte di una più compiuta serie di Disposizioni anticipate di trattamento o DAT). Con questo auguro a me stesso e a tutti un fine-vita conforme alla volontà di Dio, preceduto naturalmente da una vita altrettanto conforme. E quindi colma di gioia!
Paolo Venzano