Il 27 maggio 2018 passerà alla storia del nostro paese come uno dei momenti più drammatici. Non solo, infatti, abbiamo battuto ogni record nel limbo del non-governo, ma abbiamo assistito al profilarsi di una tensione tra istituzioni, legata al forte rischio di speculazione finanziaria internazionale sul nostro fragile paese, che raramente si ricorda. Sebbene già era accaduto che il Presidente della Repubblica avesse rifiutato alcuni nomi di ministri, mai lo aveva fatto per motivi di politica economica. In questo senso l’intervento del Presidente Mattarella è stato chiaro, limpido, trasparente e fortemente improntato alla preoccupazione per il Bene Comune. Il suo discorso deve obbligare l’opinione pubblica, le forze politiche, il paese intero, ad una riflessione profonda, senza scadere in basse polemiche da tifosi e senza richiamare immaturi (dal punto di vista politico) e illeciti (da quello costituzionale e legale) scontri istituzionali.
Il momento è difficile, l’intervento del Presidente inconsueto; ma se un uomo e una personalità come Mattarella è dovuto intervenire in modo così drastico, urge fermarsi tutti. Indubbiamente una delle componenti fondamentali delle democrazie del XXI secolo è il ruolo della finanza, degli interessi sui prestiti, delle banche che, non solo sono uno dei tanti poteri che compongono la nostra società plurale, ma sostengono, di fatto, anche il nostro sistema sociale. Un sistema che abbiamo costruito in tanti decenni e che si regge sul credito diffuso, su una spesa sociale fondata sul prestito ad interesse e su mercati i cui animatori sono volti spesso anonimi e con un giro di affari mastodontici. Non ci sono soluzioni semplici, l’età della complessità richiede equilibrio, raziocinio e, soprattutto, ascolto reciproco. Eppure… eppure all’orizzonte non sembra profilarsi nulla di tutto questo. I toni sono sempre più aspri e forti, i partiti politici spesso fondano il consenso sulla demonizzazione e sull’urlo dagli all’untore. Le narrazioni si inscuriscono di tinte fosche, in cui è chiaro chi sia il nemico e in cui si richiama alla trincea. Come siamo capitati in questo clima? E cosa è chiamato a fare il semplice cittadino?
Viviamo in un tempo di grande messa in discussione delle narrazioni che ci hanno accompagnato fino ad oggi. Per chiarire, fino a 20 anni fa, nella visione comune della classe media, l’Occidente era la patria della libertà, dei diritti, del benessere e la vittoria della guerra fredda; con la caduta del muro di Berlino era il naturale esito, sullo stile di un buon film americano anni ’90, del successo dei buoni; oggi non più. Gli Stati Uniti e l’Occidente in generale attraversano una crisi di identità che si riflette in una sfiducia pubblica verso le grandi istituzioni, comprese quelle internazionali: Nazioni Unite, Nato, Unione Europea, istituzioni nazionali come la Presidenza dello Stato. Non è un caso che a partire dagli anni ’90 su cinque presidenti della Repubblica, quattro sono stati accusati dai diversi partiti “nuovi”; capitò a Cossiga nel ’91, Scalfaro nel ’94 con la querelle con Forza Italia, a Napolitano nel 2013 con il Movimento 5 Stelle, ed ora a Mattarella. L’invocazione del nuovo, infatti, spesso è accompagnata da un sentimento di disprezzo velato verso ciò che è stato e ciò che c’è. Questa sfiducia pubblica alimenta narrazioni estreme in cui l’altro è o il populista ignorante, ciarlatano e razzista che conduce verso il baratro, o il corrotto, lobbista, internazionalista radical-chic che fa gli interessi dei poteri forti. Il perverso gioco dello scontro conduce le parti non solo ad allontanarsi e non comprendersi ma anche a radicalizzarsi, incancrenirsi nelle loro posizioni e, a poco a poco, a rischiare di assomigliare sempre più alle descrizioni grossolane entro cui, ideologicamente, vengono costrette.
Se la dialettica tra posizioni diverse è il sale del dibattito e permette di approfondire la verità, questo scontro mortifero uccide la nostra capacità di riflessione e di servire il Bene Comune perché ci riduce a schematismi. E, spesso, costretto nello schema l’umano asfissia rendendosi violento perché indurito. Non riconoscere all’altro e alla sua opinione la dignità di essere espressa, significa non concedere a me stesso la libertà di scorgere la verità anche in un punto di vista diverso dal mio. E la mia non-libertà spesso si traduce in violenza, se non nei gesti, sicuramente nei toni. Così, ciò che non condivido sembra sempre più assurdo, per forza frutto di un complotto o di ignoranza colpevole. Occorre riappropriarci della capacità di dubitare della nostra posizione e di quel sano mettere in discussione sé e l’altro che non scivola nella polemica perché troppo interessato e innamorato della Verità e del Bene.
L’intervento del Presidente ha richiamato un concetto chiave della nostra democrazia e della nostra Costituzione: di fronte allo scontro di narrazioni, ciò che genera futuro è la discussione approfondita. E, aggiungiamo, perché essa ci sia occorrono: capacità di ascolto, tempo, vedere l’impegno politico come servizio casto, ovvero quello che non ha l’obiettivo di vincere ma di servire il Bene Comune e che è libero di riconoscere fondamenti opportuni anche nella visione opposta alla propria, perfino in quella che mette in discussione la sostenibilità del modello di Maastricht. Il cittadino è chiamato a ricucire le divisioni del paese immettendo unità nei rapporti sociali, nel confronto pubblico, nelle situazioni di lavoro; unità che non dice né uniformità né divisione, ma faticoso lavoro comune di ascolto reciproco, di riconoscimento, di apertura costante. La politica è chiamata, invece, ad un lavoro epocale di sintesi tra un sistema fondato sul prestito ad interesse e le necessità di giustizia sociale e di lotta alla disuguaglianza che ogni società giusta richiede. L’Italia, ma vorremmo dire anche l’Europa e l’Occidente, sono sempre più ad un bivio: o castità pubblica o scontro i cui esiti possono essere imprevedibili.
Davide Penna
Vola alto Davide Penna nel suo bellissimo lucido e sereno articolo! Ha il coraggio di parlare di castità pubblica ovvero di purezza nella pratica politica! Grazie di avermi fatto sognare e sperare.Di avermi rincuorato dopo giorni di passione. Usciremo dal letamaio dove pessimi maestri si rotolano giorno dopo giorno coinvolgendo e sconvolgendo tanti italiani. Ne usciremo se i tanti che credono a queste idee avranno la capacità di veicolarle e farle proprie.