RICORDO DI MICHELE RECANESCHI (Genova 05/05/1919 – 04/08/2016)

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Nel primo anniversario della Partenza, ricordiamo Michele Recaneschi

Per raccontare qualcosa della lunga vita di Michele occorrerebbe ripercorrere la sua storia fin dagli anni dell’adolescenza: qui ci limitiamo a sottolineare alcuni degli aspetti più salienti della sua vita, partendo dal momento in cui è venuto a contatto con il Movimento dei Focolari.

Siamo alla Canova, località della Valbisagno, alla periferia di Genova, dove abitano numerose persone che fanno parte del Movimento o che cominciano i primi approcci con esso: fra queste il Parroco che, innamorato dell’Ideale dell’unità, lo testimonia con entusiasmo, coinvolgendo i suoi parrocchiani.

Un mese prima della sua “partenza” per la Mariapoli Celeste

Proprio dall’incontro con Don Fortuna scaturisce la scintilla che pian piano introduce Michele nella spiritualità dell’Opera di Maria: in un primo tempo nell’ambito del Movimento Parrocchiale, poi inserendosi gradualmente nella Branca dei Volontari.

Il rapporto e l’intesa spirituale tra Michele e il suo Parroco si fanno sempre più intensi, consolidando la loro unità; Miki accompagna spesso Don Brando con la sua auto, una volta addirittura fino ad Ottmaring, in Germania, andando e tornando nella stessa giornata con giovanile disinvoltura.

Le tante persone che nel corso degli anni hanno l’opportunità di incontrare Michele e di rapportarsi con lui, sono concordi nel riconoscere i suoi modi garbati e gentili e la sua disponibilità ad ascoltare chiunque si rivolga a lui.

Il negozio, o per meglio dire, la boutique che Michele gestisce assieme alla moglie Dalma e alla figlia Paola, situata in via XX Settembre nel pieno centro di Genova, per tanti anni è un punto di riferimento per tante persone del Movimento: non solo per suggerimenti sull’acquisto di capi di abbigliamento, ma anche per avere consigli di ben altra natura, consigli molto spesso frutto della sua esperienza e della sua saggezza.

Michele è sempre disposto a sospendere momentaneamente il proprio lavoro, naturalmente sostituito, per “ritirarsi” nel piccolo locale superiore del negozio ad ascoltare l’interlocutore di turno con più tranquillità e riservatezza, da saggio “confessore” laico.

Le collaboratrici alle sue dipendenze sono da lui trattate come persone di famiglia: ascolta i loro problemi, dà loro opportuni consigli, fa il possibile per mettere pace negli eventuali casi di difficoltà familiari.

Al contrario di ciò che normalmente accade quando cessa il contratto di lavoro tra imprenditore e dipendente, i rapporti con loro continuano anche dopo tanti anni, con grande gioia da ambo le parti.

Qualcuno ricorda un singolare episodio. Due suore entrano nella sua boutique con l’intenzione di acquistare delle calze; non trattando questo articolo, Michele, anziché limitarsi a mostrarsi spiacente di non poter accontentare la loro richiesta, non esita ad accompagnare le suore poco più avanti dove possono trovare ciò che desiderano. Meravigliate da così gentile ed insolita premura, una delle due si rivolge a Michele: “Veramente lei è una persona che vive e mette in pratica quanto abbiamo sentito da lei nel recente congresso al quale abbiamo partecipato!”

Infatti qualche tempo prima, durante un convegno pubblico, Michele aveva raccontato una sua esperienza, sottolineando l’amore che cerca di mettere in pratica nei confronti delle persone che incontra.

Trovandosi una volta in montagna per trascorrere una breve vacanza, all’entrata di una chiesetta sperduta in mezzo ad una pineta, con grande sorpresa Michele si trova davanti Giancarlo Faletti, un focolarino conosciuto qualche tempo prima. Durante il dialogo con lui, proseguito poi fino a notte inoltrata, Michele dichiara di sentirsi inadeguato per entrare a far parte del Movimento, ma Giancarlo, con sguardo lungimirante, gli assicura: “Tu non te ne andrai mai dall’Opera, perché hai dentro di te la vocazione del volontario”. E così effettivamente avviene: con il suo caratteristico spirito giovanile, tipico dei Gen, Michele vive fino all’ultimo la sua vita di unità nei diversi nuclei di cui fa parte nel corso degli anni.

Per lui è sempre motivo di grande gioia incontrarsi con i fratelli di nucleo: li attende con trepidazione, preparando con cura l’ambiente per ospitarli, mettendoli a loro agio, anche se sa già che faticherà a “sentire” tutto ciò che sarà detto, o letto, o ascoltato da una bobina o da un “video”. C’è comunque chi è più sensibile e si impegna per farlo sentire più partecipe possibile, rendendolo felice come un bambino, pieno di gioia, di commozione e di riconoscenza..

Con nel cuore una decisa propensione alla generosità, di fronte ad un povero di chiara provenienza africana che chiede l’elemosina, si accinge ad estrarre una moneta, ma subito un pensiero lo fa ragionare: “Se con una moneta posso far contento questo poveretto, certamente lo sarà di più se gliene dò due…”, ricevendo subito dopo in cambio un sorriso riconoscente a conferma della bontà della sua decisione.

Messi a conoscenza della situazione di un giovane con problemi psichici, Michele, con la moglie Dalma e la figlia Paola, accettano di ospitarlo in casa, prendendosi cura di lui, aiutandolo a compiere correttamente anche le azioni più semplici e ad aver cura della propria persona, fino a renderlo sufficientemente autonomo e in grado di uscire di casa da solo. Oltre al suo mantenimento, per verificare lo stato di salute del suo ospite, Michele lo accompagna ad una visita psichiatrica, al termine della quale lo specialista lo chiama da parte e quasi lo rimprovera per il coraggio di ospitare in casa una persona schizofrenica di quel tipo che potrebbe essere addirittura pericolosa…

Da tanti anni Michele ha una difficoltà di tipo fisico: malgrado diversi interventi specialistici, soffre di un elevato grado di sordità che gli crea problemi, non sempre compresi da chi parla con lui: ciò nonostante lui si impegna molto e cerca di trovare il modo più adatto per facilitare il rapporto con gli altri. Sapendo di dover convivere con questo problema, Michele accetta questa “croce”, cercando di darle “un nome”, anche se talvolta, essendo continuativa nel tempo, è davvero difficile.

Michele è un uomo buono e mite, capace di sdrammatizzare gli eventi, di attenuare gli eventuali contrasti, di azzerare i possibili torti o sgarbi ricevuti; rivolto ad un parente che si lamenta e reagisce con impulsività a certe situazioni, gli raccomanda: “Ricordati che qualsiasi cosa ti capiti nella vita, devi cercare di essere forte “dentro” e andare sempre avanti”.

E in effetti lui stesso affronta con serenità e spirito di accettazione alcuni periodi di malattia, talora anche di notevole gravità, sapendo offrire a Dio le sue sofferenze.

Negli ultimi scorci della sua attività, per una serie di motivi burocratici, Michele si scontra con grosse difficoltà e malgrado il suo lottare per avere giustizia, alla fine deve rinunciare ad ottenere un adeguato riconoscimento per il suo lavoro.

Malgrado la cocente delusione di non aver trovato giusta soddisfazione dei suoi diritti, Miki si ritrova ben presto a ringraziare il Signore per l’armonia che regna nella sua famiglia e del tempo che ora, libero da impegni lavorativi, può dedicare agli adorati nipoti, ai parenti e agli amici.

Quasi inaspettatamente e “in punta di piedi”, dopo brevissimo ricovero in ospedale, il 4 agosto del 2016 Michele conclude il suo lungo cammino terreno, lasciando un grande esempio di vita ai suoi Cari e a quanti lo hanno conosciuto.

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Una risposta a “RICORDO DI MICHELE RECANESCHI (Genova 05/05/1919 – 04/08/2016)”

  1. Grazie per questo profilo di Michele. Davvero centrato. Anche io ero fra quelli che andavano a trovarlo nella sua boutique in via XX. Posso confermare tutto. Anche io ho ricevuto l’Ideale da don Brando Fortuna.
    Salvatore

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