La Consulta delle Aggregazioni Laicali della diocesi di Genova ha chiesto alle aggregazioni laicali di riflettere sulla liturgia.
A questo scopo ha posto i seguenti quesiti:
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Come è compresa la liturgia dai membri della mia aggregazione?
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Come la viviamo? Qual è il vero valore della liturgia per la nostra aggregazione?
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Come possiamo aiutare gli altri a viverla per incarnare il cristianesimo nella vita di ogni giorno?
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Quali prospettive vediamo per il futuro, come laici, sulla liturgia?
Pubblichiamo il testo del nostro intervento, frutto di comunione tra i membri dell’Opera della Liguria.
Milena e Pino Serpico
Genova, 11 marzo 2017
LA LITURGIA
Etimologicamente, Liturgia significa “Azione comune (di rendere onore a Dio) per il bene del popolo”.
Per noi del Movimento dei Focolari, che cerchiamo di vivere una spiritualità comunitaria secondo il carisma donato da Dio a Chiara Lubich “Che tutti siano uno”, la liturgia riveste un grande valore, in quanto ci ricorda che il rapporto con Dio, oltre che essere di natura individuale, è soprattutto da incarnare nella dimensione comunitaria.
Fermamente convinti che: “dove due o più sono riuniti nel mio nome, Io sono presente in mezzo a loro”, nel momento liturgico chi rende grazie al Padre, chi chiede perdono, chi invoca aiuto è Gesù in mezzo a noi e ciascuno di noi con Lui.
Per questo ogni atto liturgico ha un autentico significato e valore se prima abbiamo stabilito la mutua e continua carità fra noi rinnovando, se ce ne fosse bisogno, il patto di misericordia, in modo che l’unità fra noi possa meritare la presenza di Gesù (Matteo, 18-20). Questo vale sia per i momenti “canonici” (come la S. Messa e i ritiri spirituali), sia per quelli “privati” (come la vita in famiglia, gli incontri di gruppo, ecc..). Fatto questo, la preghiera o la comunione spirituale acquistano un valore soprannaturale che va al di là delle singole intenzioni e diventano preghiera comune di Gesù, nello Spirito, verso il Padre.
Perché l’azione liturgica possa diventare nutrimento spirituale anche per gli altri occorre anzitutto che lo sia, prima, per ciascuno di noi, spronandoci a vivere le parole del Vangelo ascoltato e meditato. A tal fine nel nostro Movimento è fondamentale la pratica della “Parola di Vita” (una frase del Vangelo presa dalla liturgia della Chiesa), che cerchiamo di mettere in pratica nel quotidiano per “modellarci” sulla figura di Gesù; ma soprattutto impegnandoci a comunicare fra noi, in famiglia, negli incontri di comunità, nei ritiri spirituali, i frutti di questa vita evangelica. Questa comunione condivisa dona un valore liturgico a questi momenti comuni e diventa luce, stimolo, incoraggiamento per portarla anche all’esterno, nei rapporti quotidiani di lavoro, di studio, di vicinato, di impegno civile… E’ così che la nostra esperienza può diventare evangelizzante, non soltanto per l’annuncio della Parola, ma anche e soprattutto con la testimonianza della vita reale.
Se riusciamo a creare dei rapporti autenticamente umani (perché mirati a incontrare Gesù in ogni prossimo), costatiamo che anche gli stili di vita delle persone possono cambiare, la fiducia e la stima reciproca crescono, e non di rado si costata che le persone, sentendosi amate, cerchino di mettersi ad amare a loro volta. E questo, nella sostanza, è già un vivere secondo il Vangelo come dice la Scrittura: “la gloria di Dio è l’uomo vivente”.
Guardando alla realtà odierna, si deve ammettere che la grande maggioranza delle persone non partecipa all’azione liturgica della Chiesa. Tra le cause di ciò certamente primaria è la perdita di coscienza della vita di comunità, conseguenza di una civiltà dei consumi che spinge le persone verso un individualismo sempre più accentuato, rivolto al benessere egoistico, con la convinzione di una autosufficienza che non ha più bisogno di Dio e degli altri. Ne deriva una “liturgia laica e tecnologica” che si rifugia nella TV, nei social media, ecc… vivendo una “community” che non ha nulla di una autentica comunione, e se ne vedono i risultati negativi!..
Ma dobbiamo anche riconoscere che le nostre comunità ecclesiali si presentano, a volte, come una realtà un po’ chiusa su se stessa, i cui riti vengono percepiti come qualcosa di riservato ai praticanti, ma lontano dalle necessità reali della gente comune.
Il nostro obiettivo dovrebbe essere non tanto riportare le persone in chiesa, quanto portare il Vangelo nella società, come Papa Francesco non manca di ripetere. E questo facendolo sempre più “insieme”: anzitutto impegnandoci a conoscerci e a riconoscerci come fratelli e sorelle. Le persone che a messa si scambiano il segno della pace, molto spesso, fuori della chiesa non si frequentano o addirittura non si salutano…
Dobbiamo promuovere il dialogo e la collaborazione fra gruppi e movimenti ecclesiali presenti nel territorio, guardando con amore e sapendo apprezzare il bello di ogni comunità locale, e scambiarci le esperienze concrete di come cerchiamo di testimoniare il Vangelo nel quotidiano, per essere espressione di una Chiesa viva e unita, aiutarci ad andare verso le “periferie” della società, ognuno secondo i diversi doni e culture che ci contraddistinguono.
Guardando, poi, all’aspetto più “interno” della vita liturgica, sarebbe auspicabile una maggiore efficacia delle omelie, attraverso una semplificazione che punta non solo a commentare il Vangelo, ma anche ad offrire esempi concreti di cristiani capaci di tradurlo in pratica di vita. Si sente, poi, la necessità di qualche minuto in più di silenzio dopo la Comunione, necessario a dialogare con Gesù accolto in noi.
Una nota sul canto liturgico, che dovrebbe essere di aiuto ad aprire l’anima verso Dio dei singoli fedeli e di tutta la comunità. Non sempre ciò si riscontra, sia perché spesso non coinvolge la comunità sia perché a volte è troppo tradizionale e superato nelle parole e nella melodia. Questo non favorisce la partecipazione, crea disagio e distrazione, allontana soprattutto i giovani. Una riflessione sul valore comunitario del canto liturgico meriterebbe attenzione e approfondimento. Inoltre i canti durante la Comunione dovrebbero aiutare i fedeli alla preghiera più profonda mentre non di rado si risolvono in un puro esercizio canoro.
Per rispondere sinteticamente alle domande:
1) La Liturgia è per noi un momento in cui puntiamo all’unione con Dio, specialmente nella Santa Messa dove, dall’inizio alla fine, ogni risposta alle invocazioni del sacerdote è un dialogo di richiesta e di offerta direttamente con Dio e di comunione con i fratelli.
Chiara Lubich, ci ha messo in cuore il vivere questi momenti con una grande consapevolezza e sacralità dando fondamentale importanza all’Eucarestia.
2) Cerchiamo di vivere la Liturgia consapevoli della grandezza del mistero al quale siamo chiamati a partecipare attivamente e con grande attenzione.
Per la nostra aggregazione, quelli liturgici sono momenti fondamentali nei quali, nella misura in cui è possibile, siamo chiamati a partecipare quotidianamente. Ricordiamo l’esperienza di un focolarino genovese partito in giovane età per il cielo, Tony Daga, che, quando era in Svizzera, ogni mattina percorreva 20 km, a volte anche a piedi, per partecipare alla Santa Messa.
Gli stessi nostri statuti ci richiamano a vivere le opere di pietà: la S. Messa, il Rosario, la visita al Santissimo, la preghiera personale.
3) L’aiuto che possiamo dare, come aggregazione, è sicuramente con l’esempio del nostro partecipare e nel modo di essere durante la liturgia. Ci riferiamo alle tante distrazioni: telefoni che suonano, poco silenzio, poca partecipazione ai vari gesti, ecc.
Un altro aiuto potrebbe essere quello di non lasciarsi sfuggire le occasioni di comunicare al nostro prossimo l’importanza della Santa Messa e della liturgia in generale. Proprio durante la S. Messa si rivive (non si ricorda), la morte e la resurrezione di Gesù, fondamento della nostra fede. E se non porto questo agli altri, cosa porto?
4) Circa le prospettive per il futuro, oltre quanto già detto, ci pare necessario delle catechesi mirate a fare prendere coscienza dei gesti e della grandezza di quanto si vive nella liturgia. Della grazia che possiamo avere nel rientrare in noi stessi per puntare all’unione con Dio.
Inoltre pensiamo che sempre più noi laici saremo chiamati a sostenere concretamente il clero. E questo ci interroga per avere un alto senso di responsabilità a cominciare dall’essere in profonda unità con la Chiesa prima locale e poi universale.
Mi sembra che queste risposte alle domande sulla liturgia rispecchino fedelmente il carisma dell’unità che ci impegniamo a vivere. Si sente che le risposte sono state preparate con G.I.M.
Grazie