RISCOPRIAMO LE NOSTRE RADICI – 2: IL MAGISTERO SOCIALE E POLITICO DI PIO XII

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His_Holiness_Pope_Pius_XIINella “prima puntata” di questo piccolo viaggio alla scoperta o ri-scoperta delle nostre radici socio-culturali di matrice cristiana siamo risaliti ai Padri della Chiesa, e quindi ai primi secoli dell’era cristiana.

Ma all’inizio di tale scritto, riferendomi alla nostra Costituzione del 1948, avevo affermato che a mio giudizio non si era cercato di conoscere, in occasione del referendum del 4 dicembre 2016, quali erano state le vere fonti di ispirazione dei politici e intellettuali cristiani che avevano fatto parte dell’Assemblea Costituente.

Riprendendo il discorso, ricordo ora che fra tali fonti c’era sicuramente il Papa Pio XII.

Sappiamo che su questo pontefice molto è stato detto e scritto, specie negli ultimi anni, quando cioè – a fronte delle vecchie accuse di non aver contrastato efficacemente il nazismo – sono gradualmente emerse molte e diverse testimonianze sulla sua azione per difendere gli ebrei dalla furia nazista e poi anche fascista.

Ma il Pontefice non è sufficientemente conosciuto, neppure dai cattolici – e salvo appunto gli intellettuali e i politici più vicini a lui nel tempo – quale fonte rigogliosa e limpida di insegnamento nel campo sociale e politico. Eppure il suo magistero in tali campi conserva in larga misura la sua attualità. E utilità. Ma procediamo con ordine.

Dall’inizio della seconda guerra mondiale Pio XII considera il 24 dicembre un’occasione per delineare proposte e programmi per la giustizia, la pace e lo sviluppo dei popoli. E così, nel radiomessaggio del Natale 1941 su Il nuovo ordine internazionale, indica le linee di un nuovo ordinamento fra le nazioni specificando che i suoi presupposti sono: 1) libertà e sicurezza dei popoli; 2) tutela delle minoranze; 3) ripartizione delle materie prime; 4) disarmo e patti internazionali; 5) religione e morale.export.1.1259062.jpg--papa_pio_xii__tutti_santi_tranne_lui_

Con il messaggio del Natale 1942 su L’ordine interno delle Nazioni, in presenza del tentativo armato di Hitler di costruire un nuovo ordine, Pio XII enuncia e illustra invece i punti fondamentali di un ordine interno agli Stati, dal quale – dice – dipende anche l’ordine internazionale. Intanto, egli afferma, scopo primario dell’organizzazione sociale è “lo sviluppo dei valori personali dell’uomo quale immagine di Dio”. Chissà che quest’ultimo concetto non abbia ispirato anche la Costituzione pastorale Gaudium et Spes del Concilio ecumenico laddove (n. 26) definisce il “bene comune” come “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alla collettività che ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione“. Il Papa riassume quindi in cinque massime il suo programma di rigenerazione cristiana della società: 1) dignità e diritti della persona umana; 2) difesa dell’unità sociale e particolarmente della famiglia; 3) dignità e prerogative del lavoro; 4) reintegrazione dell’ordinamento giuridico; 5) concezione dello Stato secondo lo spirito cristiano (e cioè vincolato da esigenze etiche al servizio del popolo, contro le teorie assolutistiche e statolatriche allora dominanti).

Ma il pensiero pacelliano si completa e si arricchisce nei successivi messaggi lanciati, sempre attraverso la radio, al mondo intero.

Nel Natale del 1944 Pio XII pone alla coscienza dei popoli il problema della democrazia e della pace con il famoso – questo sì – radiomessaggio Il problema della democrazia, che rappresenta una decisa e chiara accettazione della democrazia da parte della Chiesa romana e che viene considerato come la “magna charta” di un sistema democratico cristianamente inteso. Secondo il pensiero papale sono due i diritti fondamentali che la democrazia conferisce ai cittadini: “esprimere il proprio parere sui doveri e i sacrifici che vengono iPio-XII-scrive-5mposti e non essere costretti a ubbidire senza essere ascoltati”. Infatti, come egli specifica, l’uomo è soggetto, fondamento e fine dell’ordinamento. E sottolinea che “se non fosse mancata la possibilità di sindacare e di correggere l’attività dei poteri pubblici il mondo non sarebbe stato trascinato nel turbine disastroso della guerra”.

Dicevo prima che la piena accettazione della democrazia è stata una novità nella storia della Chiesa. Infatti il suo pensiero tradizionale in ordine al sistema politico è bene espresso da quanto scrive il Papa Leone XIII (quello della Rerum Novarum del 1891) nell’enciclica Libertas del 20 giugno 1888 : “La Chiesa non riprova nessuna delle varie forme di governo, purchè adatte per sé a creare il bene dei cittadini”.

Ma Pio XII accetta pienamente la democrazia (che estende dai rapporti politici interni ai rapporti tra gli Stati), considerata come “la migliore espressione tra i vari sistemi politici e come lo strumento più idoneo per tutelare i diritti della persona”.

Sappiamo che, anche sulla scia di Pio XII, Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus Annus del 1991, al paragrafo 46, svilupperà una sorta di piccolo trattato (di cui raccomando vivamente la lettura) sul concetto e sulla sostanza della democrazia.

Pio XII ha “donato” altri notevolissimi messaggi in materia politica e sociale. Ma quanto detto basta forse a farci intuire perché questo pontefice possa tuttora ritenersi un personaggio tanto grande quanto relativamente poco conosciuto.

Concludo con una sola considerazione. Oggi si parla molto, e giustamente, di democrazia. Ebbene io penso che l’insegnamento di Pio XII possa ancora servirci per contribuire alla realizzazione di uno schema sociale e statuale personalista e pluralista e per l’attuazione di una democrazia integrale, fedele allo slogan “la democrazia o appartiene a tutti o non è democrazia!”.

Paolo Venzano

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