SAN VALENTINO E IL MERCOLEDI’ DELLE CENERI OVVERO DIGIUNA SE VUOI AMARE

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Eccoci arrivati alla Quaresima. Oggi, per i cristiani, è il mercoledì delle Ceneri, il primo giorno di quel cammino di libertà che ci porterà alla festa più importante, quella della Pasqua preceduta dalla settimana santa la quale, in sé, racchiude tutta la pienezza della vita cristiana. Allora proviamo a riflettere su questa festa il cui significato può dire qualcosa non solo a chi è cristiano, ma soprattutto ad ogni uomo.

Qual è, infatti, il senso profondo di queste ceneri che riceveremo sul capo durante la celebrazione? Lo sappiamo, sono simbolo di penitenza e apertura alla conversione del cuore, in una parola di un profondo digiuno interiore che ci è raccomandato. Ma di che occorre pentirsi, a che occorre convertirsi, e, soprattutto, da che occorre digiunare? Di tutto quanto proviene dal non-amore e di cui abbiamo riempito la nostra vita. In questa festa mettiamo al centro il nostro desiderio profondo: quello di tendere inevitabilmente verso un amore che ci trascende e che ci spinge a ricercarlo. Dietro ogni nostro sogno, ogni speranza, ogni cuore che palpita, c’è come un richiamo profondo che ci vuole portare nella nostra vera casa: quella dell’amore fecondo, del dono di sé che, allo stesso tempo, ci restituisce a noi stessi attraverso l’altro-amato. I richiami di Dio nella liturgia di oggi fanno leva prima di tutto su questo: ritornare a Lui, l’amore da cui proveniamo, a cui tendiamo e per cui siamo, con tutto il cuore, ovvero ciò che nella Bibbia esprime la parte più profonda di noi stessi.

Il fatto che ci si debba pentire implica un mistero profondo ma facilmente verificabile e, allo stesso tempo, una speranza che non passa; il mistero di una iniquità che ci abita, per cui possiamo liberamente porci contro il nostro io più profondo e trasformare gli altri, il mondo e Dio in grandi strumenti per rifugiarci in una realtà finta in cui siamo padroni del mondo. Ma anche che, per quanto possiamo addentrarci in questa irrealtà in cui esistiamo solo noi, possiamo sempre ritornare al reale e all’A/altro con tutto il cuore, convertendoci profondamente alle ferite che l’incontro inevitabilmente ci porta. Le ferite dell’incomprensione, dell’attesa dei tempi giusti, della fatica dell’ascolto, della costruzione di qualcosa di condiviso e non imposto. Sì, possiamo incredibilmente chiuderci all’amore; ma non è mai così tardi per pentirsi, la nostra libertà non è mai così compromessa da non riconoscere l’irrealtà di un mondo in cui scegliamo come scopo sempre e solo noi stessi e come mezzi gli altri, perdendo, alla fine, anche noi stessi. Pentitevi, dice il Signore, e credete alla buona notizia di un Dio che non misura i nostri atti, ma ci porta a vedere, a toccare con mano, a sperimentare, quanto siamo, in profondità, un vuoto che può essere riempito solo custodendosi come vuoto, ovvero donando il pieno di sé agli altri. Una bellissima canzone dal titolo Entrerà chi ha fame, lo esprime molto bene: mi risveglio ancora, sento che ho sbagliato, ho pensato solo a me… dentro a questo vuoto, entrerà chi ha fame. C’è una fame del mio vuoto che Dio mette nel cuore Suo e degli altri, ecco la buona notizia. Un vuoto che non dice assenza, non dice solitudine, ma se vissuto con coraggio dice desiderio, esodo, Pasqua, uscita… in una parola amore. Amore da cui proveniamo e verso cui tendiamo, ecco la grammatica del vuoto che siamo. E più riusciamo a fare i conti con esso, più respiriamo e quindi siamo l’Amore. Più riusciamo ad accettarci con coraggio come vuoto, più vediamo il limite che siamo, più siamo capaci di viverci come tali; la vita del limite è l’incontro con l’altro al di là del limite. I matematici lo sanno bene.

Ma allora, perché il digiuno? Perché non si può amare senza digiunare. Ogni volta che ho amato davvero, che mi sono donato con gratuità, ho in qualche modo digiunato. Il digiuno è l’aria dell’amore, è il suo spazio. Digiunare, nel suo senso profondo, significa fare spazio in sé per l’altro, per la realtà, per il mondo. Digiunare è affermare concretamente che il mio io e i suoi bisogni non mi esauriscono e che se so controllarmi posso davvero aprirmi agli altri. In questi giorni ascoltando una radio commerciale sentivo ironizzare sul fatto che quest’anno l’ormai tradizionale festa di San Valentino coincida con il Mercoledì delle Ceneri; i conduttori commiseravano i poveri credenti che nel giorno della festa degli innamorati, dovevano digiunare e astenersi. Forse una buona parte della incapacità della nostra cultura di generare vita, sia a livello biologico sia, spesso, a livello politico, sociale, culturale, sta proprio in questa banale ma pervasiva incomprensione: il contrapporre il digiuno alla perfetta letizia dell’amore. Se osserviamo i nostri veri e autentici atti d’amore li troviamo, invece, immersi nel digiuno. Un digiuno che è l’inizio della ricerca dell’altro, un uscire da sé che aiuta ad essere gratuiti e, in questo, a cercare davvero l’altro. Un digiuno che non si lascia rinchiudere in regole fisse e imposte, ma che è scoperto con meraviglia da chi ama. Possiamo dire che, in fondo, Dio stesso è digiuno. Il suo atto rivelativo perfetto, l’incarnazione, non può, infatti, essere visto come la perfetta forma di digiuno in cui Dio si fa uomo, di più, peccato, come dirà Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, per incontrare davvero l’uomo? Ecco allora che il vero San Valentino, la vera festa degli innamorati, inizia sempre con il Mercoledì delle Ceneri, dove siamo chiamati ad entrare nel nostro desiderio radicale. Qui possiamo aprirci totalmente all’A/altro per poi poter, finalmente, iniziare quell’avventura straordinaria della vita ovvero dell’amore la quale è abitata da una promessa, sperimentabile nell’attimo quotidiano: quella della non-fine, dell’eternità, della Pasqua, di quell’eterno giorno dopo il sabato in cui il nostro volto sarà trasfigurato nel desiderio profondo, poiché saremo profondamente noi stessi e Cristo sarà tutto in tutti.

Davide Penna

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Una risposta a “SAN VALENTINO E IL MERCOLEDI’ DELLE CENERI OVVERO DIGIUNA SE VUOI AMARE”

  1. Condivido pienamente questo modo di intendere il digiuno, uscire dal proprio io ed aprirsi agli altri,superando fatica,incomprensioni,torti,paure e difese.Penso che sia possibile solo all’interno di una comunità dove ci si sostiene a vicenda,ci si corregge e si è uniti da Gesù che vive tra coloro che si amano.

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