Quarantadue studenti cristiani e musulmani sciiti hanno partecipato, tra il 25 e il 30 agosto scorso, alla quarta Summer School “Interfaith Engagement in Theory and Practice” (Impegno interreligioso tra teoria e pratica) promossa dall’Istituto Universitario Sophia (Loppiano – Firenze) e il Risalat Institute di Qum (Iran). Una scuola di dialogo e convivenza che si è svolta a Tonadico (Trento).
Tra i docenti il teologo Piero Coda, preside dell’Istituto Universitario Sophia, ed il professor Mohammad Shomali, direttore del Centro Islamico di Londra. L’obiettivo dell’iniziativa, promossa con il sostegno del Centro per il dialogo interreligioso dei Focolari – e che usufruisce di un contributo economico della Provincia Autonoma di Trento – quello di “permettere ai giovani partecipanti di conoscere e condividere le reciproche esperienze religiose e di approfondire la necessità e la possibilità di una collaborazione interreligiosa proficua, al fine di contribuire al risanamento delle ferite che stanno coinvolgendo in modo diretto la società europea”.
Orizzonte reso ancora più vicino dai drammatici fatti di cronaca delle ultime settimane e dalla situazione internazionale che chiede da tempo di assumere il dialogo interreligioso come un elemento cruciale e necessario tanto per le comunità religiose quanto per la società civile, per risanare le numerose fratture che attraversano il tessuto sociale, soprattutto in Europa.
Condotto e facilitato da un gruppo internazionale e interreligioso di docenti ed esperti, le giornate hanno offerto uno spazio di riflessione e condivisione sui patrimoni culturali e religioni di cristianesimo e islam, sulle frontiere e le prospettive del dialogo e della collaborazione, su come attivare un impegno condiviso alla luce delle sfide del continente europeo e a livello globale.
«A Tonadico – spiega mons. Coda – è stato molto importante condividere le nostre esperienze. Per esempio, noi come cristiani abbiamo presentato la storia di
come la Chiesa cattolica progressivamente ha compreso la necessità del dialogo con le altre religioni dal Vaticano II fino a Papa Francesco. Questo è stato molto apprezzato perché si vede come la fedeltà alla verità abbia una dimensione di apertura: non è solamente guardare le proprie origini, bisogna essere fedeli a questo ma occorre anche essere aperti a ciò che lo Spirito dice oggi alle rispettive tradizioni per camminare insieme. La possibilità di superare le diffidenze e i timori reciproci tra cristiani e musulmani c’è, bisogna conoscersi e soprattutto bisogna incontrarsi. Penso a questi giovani dopo questa esperienza… mai più avranno un giudizio negativo a priori l’uno sull’altro perché hanno sperimentato che nell’amore di Dio siamo chiamati all’unità. Il nostro è un gran lavoro per avvicinare musulmani sunniti e sciiti, e cristiani e musulmani, vogliamo unire la nostra gioventù educandola al grande valore dell’apertura, dell’amore e del rispetto reciproci».
Piotr Zygulski, studente a Sophia, è un giovane cristiano di Genova che ha partecipato alla summer school e racconta così i giorni a Tonadico: «Questa scuola mi ha fatto comprendere che l’unità con loro è più vicina rispetto a quella con altri cristiani. Infatti, proprio in quei giorni stavo ricevendo alcuni commenti comprensibilmente perplessi da parte di alcuni miei fratelli di fede, che forse temevano che diventassi una sorta di “talebano”. E invece no, stando a contatto con questi fratelli ho compreso che hanno esattamente il medesimo amore di Gesù. Lo deduco da ciò che mi hanno donato, anche materialmente, e come lo hanno fatto, senza chiedere nulla in cambio; lo deduco dallo sguardo intenso mentre pronunciavano frasi che mi hanno commosso. Riporto una breve conversazione: “Caro Mohammad, sai che in una sala di preghiera islamica salafita (cioè estremisti) mi hanno detto che sono miscredente e che quindi andrò all’inferno?”. “Caro Piotr, non ti lascio solo; se ti mandano all’inferno, vengo con te”. “Anche io non ti lascio solo, non vorrei mai entrare in Paradiso senza te”. Ecco, se Gesù diceva di amare il prossimo tuo come te stesso, da questa “conoscenza epistemica” ne deduciamo che tutto ciò implica anche: ama la sua preghiera quanto la tua; ama la sua fede quanto la tua; ama il suo amore quanto il tuo. Sembra che Dio abbia riservato uno dei molteplici livelli di significato delle Sacre Scritture ai fratelli dell’altra comprensione religiosa, affinché lo possano donare, progredendo insieme nella via della sottomissione all’unico Dio e della relazione reciproca, sempre più stretta e sincera».
Silvano Gianti