Alberto Dorcier – un Volontario di Dio con la passione del “bello”

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Alberto Dorcier:  26 maggio 1927 – 30 marzo 2022

Nato in una famiglia di tradizioni cristiane, Alberto crebbe con una educazione religiosa “normale”, fatta di Messa festiva, preghiere mattino e sera e Sacramenti a Pasqua e a Natale. Divenuto grande, all’età di diciotto anni gli sembrò superfluo andare ancora in chiesa; gli pareva di assistere a inutili formalità, tranne forse il Vangelo, che però non incideva nella sua vita. E poi certe persone che andavano in chiesa gli apparivano come le altre…, se non addirittura peggio.

Con la speranza che, finita la guerra, si approdasse ad una pace vera, constatando invece il forte contrasto tra i partiti, fatto talora di odio e di desiderio di vendetta, e la situazione mondiale con la guerra fredda tra USA e URSS, Alberto si sentì molto deluso e fatalmente pensava che le armi atomiche avrebbero, prima o poi, distrutto tutto e tutti.

Abbandonata l’università, la ragazza e gli amici, che vedeva impegnati nello studio, nella carriera e nel metter su famiglia, lui si rifugiò nel lavoro con suo padre, coltivando però la passione  per l’arte che seguiva con particolare interesse. All’età di 36 anni ritornò, per così dire, in sé stesso, e aprendo gli occhi constatò un certo fallimento della sua vita. Ricordandosi allora del Vangelo, ne acquistò una copia e lo lesse ripetutamente, lasciando entrare nel suo cuore quelle Parole, convincendosi che, se le metteva in pratica, poteva ancora “farcela”.

Lui stesso scrive: “ Un mattino alle cinque presi la mia “600” e, come un ladro che non vuol farsi riconoscere, andai al santuario della Madonna della Guardia, dove un sacerdote, vista la mia indecisione, mi prese sottobraccio e mi portò al confessionale”.

Buttando tutto nel cuore di Gesù,  Alberto si sentì finalmente libero e, con gli occhi umidi di pianto e il cuore pieno di gratitudine, tornò a casa, dove riprese a frequentare la Parrocchia.

Volendo approfondire la vita cristiana, cercò invano in diverse Associazioni qualcosa che appagasse la sua anima, finché nel 1967 gli fu indicato un gruppetto di giovani appartenenti al Movimento dei Focolari. Fu così che conobbe l’Ideale di Chiara Lubich, al quale aderì ben presto con entusiasmo, inserendosi nel Movimento Parrocchiale, guidato nel suo quartiere da Don Ildebrando Fortuna, sacerdote focolarino. Accogliendo volentieri gli inviti a partecipare agli incontri, Alberto riprese fiducia e vigore man mano che metteva in pratica nel quotidiano la vita del Vangelo, testimoniandola anche con il suo benevolo sorriso nel rapporto con le persone che avvicinava.

In uno dei raduni a Rocca di Papa conobbe una giovane romagnola di nome Vera, più giovane di lui, che divenne poi sua moglie. Dalla loro unione nacquero Matteo ed Antonietta che, a loro volta, regalarono cinque nipoti ai felicissimi Nonni.

Successivamente, attratto dalla vocazione, fu ammesso in un prenucleo di volontari, dove si prodigava generosamente, dando il passaggio con la sua vecchia auto ai membri del suo gruppetto, talvolta sollecitandoli a partecipare agli incontri. Per il rapporto creatosi in quel periodo con le famiglie, una di queste gli chiese di fare da padrino al Battesimo di un loro figlio, nato da poco: questo bambino si chiamava Gabriele Bardo!

Dopo il necessario periodo di preparazione, fu inserito in un nucleo. Più tardi, vista la serietà del suo impegno, gli fu affidata la responsabilità di perno di nucleo, mansione che portò avanti per una decina di anni, partecipando assiduamente agli incontri dei responsabili e condividendo con loro le difficoltà e le esperienze con i fratelli di nucleo.

Davvero esemplare il suo rapporto con Carlo Grazioli, responsabile dei volontari della Liguria, con  frequente invio di relazioni dettagliate sulla vita dei suoi volontari, a dimostrazione dell’amorevole cura che aveva per i fratelli affidati.

Un accenno a come si rapportava Alberto con Carlo: “In nucleo facciamo l’ora della verità una volta al mese, il colloquio all’inizio dell’anno e ogni tanto quando c’è bisogno. Sento che ci si vuole veramente bene e si ha “bisogno” l’uno dell’altro, anche se si potrebbe fare ancora più famiglia”

Due sue brevi esperienze. “Un mio abbonato a Città Nuova mi attendeva ad un appuntamento. Pensavo: in dieci minuti me la sbrigo… ma arrivato alle 18 sono rimasto con lui fino alle 19,20: aveva bisogno di essere aiutato, rincuorato…”

“Ho vissuto gli ultimi anni con mia madre, accompagnandola nell’ultimo tratto della sua vita. Ho sempre ricevuto tantissimo da lei! Quelli che non hanno tempo di accudire i propri Cari in vecchiaia, perdono esperienze di umanità meravigliosa e rimangono persone a metà, non mature, superficiali”.

Successivamente, e fino a che gli è stato possibile, fece parte di un altro nucleo, ospitando sovente le riunioni a casa sua. Innamorato della rivista Città Nuova, in occasione del Natale  Alberto era solito regalare diversi abbonamenti ad amici e conoscenti, così come distribuiva un considerevole numero di copie della Parola di Vita.

Come si evince da una testimonianza, Alberto aveva a cuore Umanità Nuova, anche organizzando azioni concrete per aiuti umanitari, mettendo a disposizione diverse sue opere in ceramica.

Infatti aveva intrapreso l’attività di artigiano, con vena decisamente artistica, lavorando la terracotta e creando oggetti di buona ed originale fattura. In una cappella della parrocchia di San Siro, in periferia di Genova, si possono ammirare l’altare, il tabernacolo, il leggio, il fonte battesimale e un mezzobusto del Santo Patrono in ceramica da lui creati su richiesta del Parroco di allora.

Diventato amico di un ceramista di Albisola (SV) che insegnava ad un gruppo di portatori di handicap dell’ANFAS, quando questi dovette lasciare il suo incarico, sollecitato dai dirigenti dell’Associazione, Alberto lo sostituì e portò avanti per quindici anni l’attività di insegnante-istruttore di questi giovani, riscuotendo meravigliosi riconoscimenti da parte dei responsabili, dei genitori dei ragazzi e tanto affetto da parte degli allievi.

Alberto trovava anche il tempo per lavorare come segretario in parrocchia, fare l’animatore di un gruppo di anziani, insegnare ceramica in  Circoscrizione e in una scuola elementare del vicino paese di Fontanegli (GE).

Con spiccata sensibilità verso i fratelli in difficoltà, andava spesso a trovare amici e conoscenti ammalati, portando con il suo sorriso conforto e sollievo.

Dopo aver seguito con amorevole cura, per tanto tempo e nei diversi ricoveri ospedalieri, sua moglie Vera, affetta da una seria malattia, assieme ai suoi figli l’ha accompagnata verso la conclusione del suo viaggio terreno, vivendo con lei tanti momenti di Gesù Abbandonato.

Da circa due anni, per oggettive difficoltà assistenziali, era ospitato in una RSA, dove peraltro, trovandosi in compagnia e ben accudito, si era adattato abbastanza bene, avendo la possibilità di esprimere le sue capacità artistiche dipingendo piccoli quadri.

Dopo mesi di discreto benessere, ultimamente era stato contagiato dal Covid, ma era riuscito a superare anche quel momento. Malauguratamente il contagio si era poi propagato ad altri ospiti della struttura, costringendo gli Operatori a relegare tutti i ricoverati nelle proprie stanze.

Probabilmente indebolito e privato del rapporto con gli altri suoi compagni, a poco a poco Alberto è andato declinando, fino ad addormentarsi serenamente nel primo pomeriggio di mercoledì 30 marzo scorso.

Al suo funerale era presente un folto numero di persone, compresi alcuni membri dell’Opera: un anziano sacerdote, Don Nicola Di Virgilio, che lo aveva conosciuto, ha ricordato alcuni momenti vissuti assieme a lui.

Per sua espressa volontà, Alberto, è stato tumulato nel cimitero di Moranego, un paese  nell’entroterra di Genova, nei pressi della casa di campagna nella quale aveva vissuto parte della sua giovinezza.

A seguire Testimonianze e Contributi che ci permettono di conoscere meglio Alberto :

Ecco una testimonianza della figlia Antonietta:

Papà ha sempre detto di essere un convertito grazie all’incontro dell’Ideale di Chiara Lubich.

Ci raccontava che cambiò proprio stile di vita, incontrò la mamma, in 6 mesi si sposarono e all’età di 43 anni mise su famiglia.

Quando noi eravamo bambini, e poi ragazzi, ci faceva partecipare alle attività dei Gen4 e Gen3. E’ grazie al fuoco che abbiamo sentito nel Movimento dei Focolari e grazie alla concretezza degli insegnamenti di Chiara Lubich se anche noi, a nostra volta, abbiamo incontrato Gesù e il suo amore.
E’ la Fede che viene tramandata.

La sua passione per la vita e per Gesù la trasmetteva nelle sue opere artistiche in ceramica: originali, belle, libere e colorate. Ha prodotto anche tanti presepi, che erano un omaggio alla Sacra Famiglia!

E’ proprio questo valore della famiglia che ha trasmesso a noi figli e che a nostra volta desideriamo trasmettere ai nostri.

Salvatore Pandolfo, suo fratello di nucleo, ci dona un suo pensiero: Sia io che Alberto abbiamo conosciuto l’Ideale dell’unità di Chiara da don Ildebrando Fortuna nella parrocchia della Canova, località dell’immediato entroterra genovese, punto nel quale si trovavano spesso Carlo Grisolia e Alberto Michelotti, i Gen che tutti ricordiamo.

Mi ricordo quei primi incontri in cui ascoltavamo le bobine di Chiara, quando lei parlava molto velocemente e talora in dialetto trentino: ne fummo entrambi affascinati e conquistati.

Già allora Alberto manifestava la sua vena di artista ed aveva un piccolo forno in cui cuoceva le sue ceramiche nel laboratorio sulla piazzetta della Canova. Siamo andati assieme a tante Mariapoli: in un incontro al Centro dell’Opera ha conosciuto Vera, la sua futura moglie.

Sarebbero tante le esperienze fatte insieme da raccontare, ma mi limito a ricordare quella dell’ “Operazione Lucik” in aiuto dei poveri della Russia. Si dovevano raccogliere fondi per allestire un camion di aiuti umanitari da far arrivare in Russia e ad Alberto venne l’idea di farsi donare gratuitamente dai suoi amici artisti le loro opere da mettere in vendita all’asta. Alberto si buttò nell’impresa con entusiasmo.

Trovò la sede della esposizione: il chiostro della Chiesa di San Matteo nel centro storico di Genova. Si prepararono i cavalletti per esporre le opere e a turno si faceva la guardia alla mostra. Mi pare che la mostra fosse durata tre giorni e l’incasso da devolvere  fu buono.

Mi ricordo l’atteggiamento di Alberto, sempre aperto e conciliante con tutti e la sua attenzione a non escludere mai nessuno.

Siamo stati per anni nello stesso nucleo e sempre ho notato una grande apertura verso il prossimo e la sua fedeltà agli incontri. Andammo insieme a visitare il nostro carissimo don Fortuna nella casa di riposo per sacerdoti quando egli era già malato.

Spero tanto che Alberto stia ora contemplando il Volto di Gesù.

Giampaolo Allori racconta: Ho conosciuto Alberto negli anni 70 quando aveva il laboratorio di ceramista. Con mia moglie Mariuccia siamo andati varie volte a fargli visita ed era davvero piacevole passare un po’ di tempo con lui; in qualche occasione abbiamo anche acquistato alcune sue creazioni, mentre altre ci sono state regalate.

In una circostanza (non ricordo l’anno) ci siamo messi a sua disposizione per aiutarlo ad allestire e presenziare ad uno stand alla Fiera del Mare, in occasione, mi pare di ricordare, della fiera di Primavera.

Nel 1978, mio primo anno al distributore di benzina, pensai ad un piccolo omaggio da regalare alla clientela in occasione delle festività natalizie. Ne parlai con Alberto e la sua proposta fu un piccolo mortaio, caratteristico della Liguria, lavorato con gusto artistico: questo omaggio, offerto ai tanti clienti, fu da loro apprezzatissimo.

Giuseppe Sanna: Alberto era un uomo gioviale, sempre sorridente, che non perdeva occasione per parlare dell’Opera di Maria, con evidente gratitudine di far parte di questa famiglia.

Partecipava assiduamente ai nostri incontri, con una particolare capacità di fare unità, mettendosi in silenzioso ascolto di chi parlava. I suoi interventi erano sempre moderati ed equilibrati, manifestati con semplicità e concretezza.

Pino Serpico: Il mio amico Alberto! Ho in casa un paio di presepi in terracotta con dedica. Ricordo i pomeriggi passati insieme nella casa di campagna alla Scoffera ( località collinare dell’entroterra genovese). Che cara persona ! Ci siamo sempre stimati e voluto bene.

Maura Pastorino: Per me Alberto è stato un Volontario “DOC”. Ho avuto occasione di collaborare con lui per la vendita di molte collane di ceramica fatte sotto la sua guida da un gruppo di ragazzi Dawn dell’Associazione ANFAS, ai quali insegnava la lavorazione della creta. In questa sua generosa  attività di insegnamento, questi giovani  trovavano uno sbocco per la loro realizzazione, assieme ad una personale soddisfazione.

Don Nicola Di Virgilio, sacerdote amico:

Ho avuto l’occasione di incontrare Alberto a S.Siro di Struppa, negli anni in cui ero vice parroco.  L’ho incontrato in quella parrocchia perchè abitava nel quartiere e frequentava la Messa, non solo la domenica, ma qasi tutti i giorni. Da buoni apparteneti al Movimento dei Focolari, cercavamo di vivere con Gesù in mezzo e con la parola di Dio che animava i nostri incontri. In quel tempo nelle parrocchie vicine c’erano alcuni  sacerdoti del Movimento  che si erano impegnati a condividere, tra loro e con chi lo desiderava, la comunione fraterna: don Vito Chiesa, don Ildebrando Fortuna. don Vincenzo de Negri, tutti ora in Paradiso. Ci si trovava una volta al mese per vivere assieme la preghiera comune, l’ascolto  della Parola di Vita del mese, suggerita da Chiara Lubich, la comune riflessione su quella Parola, il pasto in comune ed alcune attività che si svolgevano nel vicariato.  Si era creato un clima di vera fraternità anche con i giovani del quartiere, con cui si cantava insieme, si svolgevano gite e rappresentazioni. Tra  giovani, ragazzi e ragazze, del quartiere c’erano anche Carlo Grisolia e Alberto Michelotti, suo grande amico, dei quali è in corso il processo di beatificazione, entrambi morti giovanissimi: Carlo a seguito di una grave forma di leucemia ed Alberto precipitato in montagna durante un’escursione.

Alberto Dorcier, aveva un forno dove cuoceva e formava le sue opere in ceramica: pesci, vasi, fiori ecc., in ceramica lucida e colorata. Avevamo fatto anche un presepio con la sua ceramica, carino e dalle parvenze simile ad un paesaggio lunare…Poi si era cominciato a discutere di addobbare la chiesetta succursale della Doria con il rivestimento dell’altare con le sue piastrelle in ceramica, così come il rivestimento del tabernacolo. Egli era ben felice di svolgere questo compito per il Signore ed io, vice parroco, ben contento di vedere un altare con connotati moderni per quel tempo, dopo la riforma liturgica e con l’altare rivolto al popolo..

Dopo alcuni anni lui e la sua famiglia si erano  trasferiti andando ad abitare nella zona di San Francesco di Principe. Ne avevo perduto le tracce, fino a quando anch’io venni trasferito a Granarolo e a San Marcellino, confinanti proprio con la loro residenza. Così ci eravamo ritrovati e rifrequentati. Spesso lui veniva ad ascoltare Messa nella mia parrocchia e avevamo così modo di scambiarci idee ed impressioni. Sopravvenne poi nel frattempo la morte prematura di sua moglie Vera, una cara e gentile signora, affabile e brava cristiana, e madre dolce e tenerissima con i suoi figli. Alberto accolse con grande serenità la volontà di Dio e mantenne salda la sua fede: ne rimasi colpito ed ammirato. Continuammo a vederci in seguito nelle celebrazioni eucaristiche, fino a quando le sue condizioni fisiche lo permisero, perchè poi si ritirò in casa, accudito amorevolmente da figlio Matteo e dalla figlia Antonietta. Una volta gli amministrai l’Unzione degli Infermi che ricevette con grande fede e l’Eucarestia di cui si nutriva quotidianamente finchè gli fu possibile.

Sono grato al Signore per averlo incontrato nella mia vita e per l’esempio ricevuto da lui, dalla famiglia e dai figli e nipoti che continuano a seguire le impronte di fede tracciate dai loro genitori.

Genova, 29 aprile 2022

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2 Risposte a “Alberto Dorcier – un Volontario di Dio con la passione del “bello””

  1. il suo sorriso mi ha sempre fatto ringraziare il Signore di aver incontrato Alberto sulla strada della mia vita…

  2. Grazie Alberto, ho aperto oggi questa pagina per caso (si dice così!) che mi ha fatto un grandissimo piacere e oltre che farmi rivivere in un lampo tutto quel tempo in cui ci siamo frequentati, anche se sporadicamente, e rivederti mi ha fatto ringraziare il Signore di averti conosciuto e frequentato, insieme a tante altre persone che mi hanno fatto vivere questo periodo della mia vita come uno dei più belli e ricchi spiritualmente. Grazie ancora!

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