“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono fiori”

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(Il titolo si ispira alla canzone di De Andrè …che ben si addice a questa esperienza …NDR)

Da qualche tempo avevamo perso i contatti con Lucia. Un numero di telefono smarrito, una dose di pigrizia, ma poi una fortunata circostanza ci permette un nuovo contatto: un’amica comune mi fornisce il suo nuovo numero.

Lucia è felice di risentirci e così riscopro che il legame di Rachele e mio con lei, non è semplice amicizia, ma un rapporto di profondo amore reciproco, che circostanze difficili e dolorose hanno creato tra noi parecchi anni fa.

Di tutto questo dobbiamo ringraziare Bruno, il figlio di Giulio C.

Verso la fine della propria esistenza, era caduto nell’alcolismo e conduceva una vita da barbone ma, nonostante ciò, al suo funerale erano presenti moltissime persone che lo avevano conosciuto e stimato.

Personale sanitario tra cui un primario d’ospedale, che gli era diventato amico e moltissime persone dei sevizi sociali e della Comunità di Sant’Egidio. Erano tutti amici riconoscenti dell’amore che Bruno era stato capace di donare.

Lucia mi racconta di suo marito e dei suoi due figli, una ragazza di 22 anni laureanda in psicologia che ha in animo di dedicarsi all’assistenza dei detenuti e un ragazzo che ha avviato un’attività di barbiere.

Lucia ha attualmente 44 anni e una salute precaria, strascico della vita passata.

A Sanremo, quando era ancora minorenne, la sua condizione di straniera, priva di permesso di soggiorno e di sostentamento, fanno si che finisca nella rete di alcuni sfruttatori suoi connazionali, che la costringono, assieme ad una compagna di sventura, a vivere ai bordi della strada e a prostituirsi.

Bruno, da parecchio tempo, aveva notato, tornando dal suo lavoro notturno al mercato dei fiori, diverse ragazze che, a bordo strada, adescavano gli automobilisti. Mosso da profonda compassione e rischiando di essere preso di mira dai protettori, si era armato di thermos, con bevande calde e le distribuiva regolarmente alle povere sventurate.

Una notte, mentre transita in motorino per tornare a casa, nota Lucia.

La ragazza non si regge in piedi e sbocca sangue, mentre la sua amica l’ assiste in preda al panico.

Bruno non ci pensa neanche un attimo e soccorre le due ragazze portandole nella propria abitazione. Carica prima Lucia e copre la distanza di diversi chilometri che li separa da casa, poi torna a prendere anche l’amica.

Il medico di famiglia, avvertito l’indomani mattina, riscontra in Lucia, una tubercolosi in stato avanzato. Bruno cede il suo letto, di una piazza e mezza, alle due amiche che ospita per parecchio tempo e si adatta a dormire nell’ingresso del piccolo appartamento su uno scassato sofà. Rachele ed io, insieme a Giulio, facciamo in modo di rimetterla in salute, cercando soprattutto di farle sentire il calore di una famiglia. Passati alcuni mesi Lucia sente di voler tornare al suo paese. Assecondando questo desiderio la accompagniamo al treno. Vuole raggiungere il sud Italia per prendere il traghetto, ma nella città dell’imbarco, viene riacciuffata dal clan dei protettori che la costringono alla vita di prima. Inizia per Lucia un nuovo periodo di disperazione, dal quale non vede una via d’uscita e sembra che gli sforzi fatti per riprendere in mano la propria vita siano buttati al vento.

Un ragazzo che la frequenta, se ne innamora ed inizia ad immaginare una vita con lei, lontano dall’orrore della prostituzione e dall’oppressione dei protettori. Pensano di scappare insieme, ma il rischio è troppo grande, finché lui un giorno decide di rapirla e portarsela a casa.

Lontano da tutto, Lucia trova finalmente la pace ed una madre, quella di Giacomo, che la accoglie come una figlia e si prodiga per farle ritrovare la salute e la serenità che merita.

A cura di Giovanni  e Roberto

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