GIANNINO ROSIGLIONI: “UNA RISPOSTA AL SUO “ PERCHE’ “

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Volontario di Dio – 28/10/1924 – 17/05/2016

A soli diciotto giorni dalla “partenza” della sua amata Anna, Giannino la raggiunge “Lassù” dove, assieme e per tanti anni, hanno cercato di tenere fisso lo sguardo, certi di essere accolti al momento opportuno tra le braccia misericordiose del Padre.

“Siate lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace: e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi” (Cor. 13,11): questa la Parola di Vita che Giannino, assieme a sua moglie, ha ricevuto da Chiara.

Giannino nasce a San Donà di Piave (VE) il 28 ottobre 1924, in una famiglia numerosa, ricca di ben otto figli, cresciuto ed educato nella fede cristiana e nel timore di Dio.

Nel 1930 l’intera famiglia si trasferisce a Genova nel quartiere di Voltri; qui, dopo le elementari e l’”avviamento”, Giannino entra nel mondo del lavoro iniziando la scuola per apprendisti, dove si studia e si lavora in un clima di ferrea disciplina.

Questa rigida “educazione” lo fa crescere esigente, sia verso se stesso che verso gli altri: lui stesso precisa che proprio lo “stile” nel quale è stato educato, lo porta ad essere alquanto severo nell’ambiente di lavoro, prima da operaio, poi nel ruolo di caporeparto.

Frequentando la parrocchia conosce Anna, se ne innamora e, dopo un breve fidanzamento, la sposa il 26 ottobre 1952. Dal loro amore nascono tre figli: Maria Carla, Graziella e Franco.

Dopo essersi trasferito nella zona di Marassi in Valbisagno per motivi di lavoro, Giannino inizia a frequentare la parrocchia della Sacra Famiglia di Via Bobbio, da poco costruita, mettendosi a disposizione per i molteplici lavori necessari: l’arredamento della chiesa è in buona parte opera delle sue capacità professionali, tanto che, quando ha lo sfratto, per riconoscenza nei suoi confronti, il Parroco ottiene dalla Curia il consenso di affittargli un appartamento a prezzo equo.

Invitato da Don “Vincenzone”, Giannino ed Anna iniziano a frequentare alcune persone nella zona di Prato, Canova e San Cosimo, che da poco hanno iniziato una nuova esperienza nell’ambito parrocchiale.

Partecipando ad una riunione, Giannino sente parlare dell’amore di Dio: un Dio di cui non bisogna avere “paura”, ma un Dio che è Padre, che ama tutti, che perdona e accoglie sempre. E’ la scoperta dell’Ideale dell’Unità, Ideale che Giannino, assieme alla moglie, abbraccia decisamente, trasformando la sua vita.

Cambia il rapporto con i subalterni e cambia anche il rapporto con la moglie: ora si fonda sull’unità, sulla comprensione, con la disponibilità al servizio; migliora anche il rapporto con i figli, che adesso si propone di guardare con “occhi nuovi”.

In pieno accordo con Anna, anche la casa, come il cuore, viene aperta alle necessità del prossimo e diventa luogo accogliente e ospitale: senza riserve e con grande generosità.

DSCN1918Poi i figli crescono, i problemi e le difficoltà aumentano; la vita cristiana, vissuta nella sua interezza, richiede di mettere in pratica anche il “crudo” del Vangelo.

Occorre vivere anche questo passaggio ed è così per Giannino e per Anna: diverse, e tutte di un certo peso, sono le prove dolorose che si presentano a più riprese. L’amore a Gesù Abbandonato, attinto dall’Eucarestia, e il sostegno dei fratelli d’Ideale, danno a lui e a lei la forza necessaria per affrontare le croci che il Signore permette.

Ogni mattina Giannino si propone di affidarsi a Gesù, mettendosi così davanti a Lui: “Eccomi, Gesù Abbandonato, di fronte a te in tutti”, col desiderio di essere anch’egli “una risposta al Tuo “perché”, un frutto degno del Tuo abbandono”.

Da lì a breve, Giannino si inserisce nella branca dei Volontari di Dio, partecipando con fedeltà agli incontri di nucleo; per un certo periodo assume l’incarico di responsabile; anche nel gruppo di Umanità Nuova porta il suo specifico contributo.

Le sue capacità manuali e tecniche, assieme alla sua grande generosità, lo vedono presente e operante in tantissime situazioni e in tanti posti: nell’allora Centro Mariapoli di Narzole, dai vicini di casa di campagna, a cui fa arrivare l’acqua potabile in casa, nell’abitazione di un volontario, installando l’impianto di riscaldamento, nelle abitazioni dei figli con i più svariati lavori, nel focolare femminile dove spesso è “chiamato” e dovunque è richiesta la sua mano d’opera.

In occasione di un incontro al Santuario della Madonna della Guardia, vengono in luce anche la grande sensibilità di Giannino e la sua “vena” poetica. Invitato a farlo in pubblico, declama a memoria i versi di una sua poesia in dialetto genovese, dedicata alla moglie per i suoi cinquanta anni, suscitando nei presenti commozione ed applausi.

Malgrado vari problemi di salute (diabete, difficoltà visive, …) e l’età avanzata, Giannino continua a partecipare con costanza all’incontro di nucleo; ciò che gli sta più a cuore – e sovente si fa prendere dalla commozione fino alle lacrime!- è il “Patto” all’inizio dell’incontro, il forte impegno per meritare la presenza di Gesù in mezzo e la “Comunione dei beni” .

Quando qualcuno gli telefona o lo va a trovare a casa, Giannino “esulta” di gioia: il rapporto con i fratelli, anzi con Gesù nei fratelli, costituisce per lui un “toccasana”, una sorta di terapia vitaminica che lo rincuora e lo rende felice.

Poi il momento più difficile: Anna, il suo inseparabile e prezioso angelo custode, dopo alcuni mesi di malattia, “parte” per il Paradiso.

Il dolore per la morte di Anna incide notevolmente sullo stato d’animo di Giannino, fino a portarlo, dopo un breve ricovero, e a soli 18 giorni dalla Moglie, a raggiungerla in Paradiso.

La Messa di funerale, concelebrata da tre Sacerdoti e accompagnata da armoniosi canti, si svolge nella sua ex parrocchia, quella che lui aveva contribuito a “costruire”, in una chiesa piena di tante persone che lo hanno conosciuto, amato e stimato e che fanno corona attorno ai suoi amati figli e nipoti.

 Genova, 4 giugno 2016        a cura di Agostino


Riportiamo la poesia in dialetto genovese che Giannino ha dedicato ad Anna in occasione dei suoi 50 anni:

Dedicata ad Anna

Ciao, figgetta tutta santa, o l’è o majo co te canta

Queste quattro rìmme in croxe: e no fa caxo se a sö voxe

A tremma ‘n po’ pe’ a commoçion, ma a l’è comme n’oraçion

Che ancheu vöggiu ofrîte. Poche cose mì t’ho dite

Fin da quande t’ho incontròu e squaxi sempre mì ho criòu:

no con ràggia e prepotensa, né con astio o con violensa,

ma perché son fæto mâ e o mæ difètto o l’è crià.

Poche cöse ho dìto prìmma, ma ‘na cosa metto in rimma:

tûtto o ben che mi te veuggio o l’è grande comme un scheuggio, comme o mondo, o l’universo: çertamente no ghe verso

de poeilo mezûà, o l’è o ben che o ven de là, zü da o çê dovve, eterno e sempre, Lé o ne manda o sö amô.

Te ringraçio, o mæ Segnô, d’aveime dæto ‘sta figgetta, anche se oua a l’è un po’… vegetta! Ma no diggo ch’ a s’araggia:

poi, da soli, le a me sbràggia! Ma o sô sbraggio o l’è caressa, tûtto pin de teneressa, o l’è pêrde, fäse scûo,

pe’ fa nasce, de segûo, o Segnô in mêzo a noiatri.

Graçie a tûtti quanti voiatri che sei chì a fâ coronn-a E o vôstro ëse chì o no stonn-a, perché o l’è ëse chì da fræ

Che ghe mettan tûtta a quæ pe’ voei ben a-a mæ figgetta. Graçie, Anna, pe’ ‘sta fetta da tö vitta che ti mæ dæto:

e no l’è solo ‘n fæto da mez’oa con dexe man, ma perché te stæta “pan”, pan pe’ mì, pe’ i tô figgieu

e pe’ tûtti quelli che t’ê in to cheu. Pan de vitta, pan savòio, pan che çerto o ven da Dio.

Gianni

DSCN1920Traduzione: Ciao, figgetta (*) tutta santa, è il marito che ti canta queste quattro rime in croce. E non far caso se la sua voce trema un po’ per la commozione, ma è come una preghiera che oggi voglio offrirti. Poche cose io ti ho detto fin da quando t’ho incontrato e quasi sempre io ho gridato: non con rabbia e prepotenza, né con astio o con violenza, ma perché son fatto male e il mio difetto è gridare. Poche cose ho detto prima, ma una cosa metto in rima: tutto il bene che io ti voglio è grande come uno scoglio, come il mondo, o l’universo: certamente non c’è verso di poterlo misurare, è il bene che viene di “là”, giù dal cielo, dove, eterno e sempre, Lui ci manda il suo amore. Ti ringrazio, o mio Signore, d’avermi dato questa figgetta, anche se adesso è un po’…vecchietta! Ma non lo dico, altrimenti s’arrabbia: poi, da soli, lei mi sgrida! Ma il suo rimprovero è carezza, tutto pieno di tenerezza; è perdere, farsi buio, per far nascere, certamente, il Signore in mezzo a noi.

Grazie a tutti quanti che siete qui a far corona: e il vostro essere qui non stona, perché è essere qui da fratelli che ci mettono tutta la voglia per voler bene a questa mia figgetta. Grazie, Anna, per questa fetta della tua vita che mi hai dato: e non è solo un fatto di mezz’ ora con dieci mani, ma perché sei stata “pane”, pane per me, per i tuoi figli e per tutti quelli che hai nel cuore. Pane di vita, pane saporito, pane che certo viene da Dio.

(*) bambina, ragazzina…:difficilmente traducibile.

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