Sono giorni difficili per lo stato di salute civile di Genova e, in particolare, della delegazione di Multedo. Sono giorni difficili per la fraternità pubblica che sorregge l’impalcatura politica di qualunque organizzazione umana; sì, perché senza fraternità, ascolto, dialogo, incontro di istanze differenti che vogliono costruire un orizzonte unitario, non c’è organizzazione umana in grado di sostenersi. Dovere del cittadino, allora, diventa quello di incarnare fraternità e ascolto, puntando il dito sulle vere priorità: se non c’è solidarietà, se non c’è capacità di guardare oltre ciò che immediatamente agita la mente, il cuore e la pancia, ci distruggiamo. Dovere del politico è dare ascolto, voce e concretezza a questa priorità. Ma andiamo con ordine ed entriamo nei fatti.
Da settembre era prevista l’accoglienza nell’ex asilo Govone di Multedo, gestito dalle Suore della Neve e proprietà della Curia, chiuso dal 2006, di 50 migranti ospitati precedentemente e provvisoriamente alla Fiera di Genova. Dopo le proteste del Municipio, di alcune persone del luogo, e il dialogo tra Curia e Comune, si è scesi a 25. Le motivazioni della protesta? Difficile capire gli elementi comuni di una protesta piuttosto eterogenea, ma sostanzialmente si rifanno a: mancato coinvolgimento della delegazione nella decisione, supposta speculazione economica da parte di chi gestisce l’accoglienza, danno per il quartiere, e, udite udite, mancato posto per i bambini a cui verrebbe tolto l’asilo. Tolta l’ultima motivazione, chiaramente pretestuosa (trattasi di struttura chiusa da più di 10 anni), le altre motivazioni, a ben vedere, hanno a che fare con paura e reazioni basate, non sulla conoscenza dei fatti e delle persone, ma con un malcontento aizzato da chi vuole trarne vantaggio politico o mediatico. Una struttura privata, chiusa al pubblico da più di 10 anni, è stata scelta da una organizzazione che sta dimostrando di essere un’eccellenza nel gestire accoglienza e integrazione, per continuare a regolare l’emergenza (perché di questo si tratta); si poteva coinvolgere di più il territorio? Probabilmente. Ma in che modo? Proviamo a discuterne e a cercare soluzioni. Ma che senso hanno gli striscioni e gli insulti, le manifestazioni contro a prescindere? Di sicuro non fanno bene alla nostra città, ai nostri quartieri, alla nostra civile comunità genovese che, tra l’altro, da secoli vive dell’incontro di popoli diversi.
Le immagini di don Giacomo Martino, direttore dell’ufficio Migrantes, insultato, che chiede ai cittadini di conoscere gli amici immigrati che saranno accolti nella struttura, fanno tristezza. Chiediamo a gran voce ai cittadini di Multedo di accogliere l’invito di don Giacomo, a cercare di non cadere nel tranello di media e politici che vogliono lo scoop da prima pagina o qualche voto in più alle prossime elezioni, e si rendano protagonisti di una rivoluzione silenziosa ma feconda: fare dell’accoglienza e della giustizia sociale non uno specchietto ipocrita e nemmeno uno slogan da urlare in modo arrabbiato (“prima gli italiani”) ma uno stile di vita. Se sarà questa la scelta dell’Europa, dell’Italia, di Genova, di Multedo e di ciascuno di noi, potremmo vedere meglio quello che abbiamo di fronte a noi: una sfida difficile in un mondo in epocale cambiamento, che ha bisogno di tutta la nostra generosità e intelligenza per trovare buone soluzioni, come sta facendo Migrantes a Genova. Soluzioni sempre perfettibili, grazie all’aiuto dei cittadini, ma che possono prospettare, già da ora, un mondo migliore, ricco di fraternità e speranza, anche nelle difficoltà. Un mondo in cui i problemi degli italiani possono essere risolti anche aiutando i non italiani, come nelle cooperative che gestiscono bene l’accoglienza e i cui ricavi vanno anche a lavoratori italiani impegnati nell’ospitalità.
Sia chiaro, l’accoglienza non può essere un business; ma può essere fonte di lavoro, relazioni virtuose, prospettive nuove e sane per chi sceglie di dare una mano, questo sì.
Martedì si preannunciano già manifestazioni e contro manifestazioni ad alta tensione. Ma dietro alle sigle di movimenti e contro movimenti, ci sono uomini e donne, concittadini, fratelli e sorelle; riscopriamo il valore universale dell’umano e, se ci ritroveremo a pensarla diversamente, potremmo comunque, a partire proprio dalle diversità di vedute, sensibilità e idee, costruire qualcosa insieme. Altrimenti, lo scontro ci porterà solo grande miseria politica e civile, cosa di cui possiamo e dobbiamo fare a meno.
Dunque, amici e concittadini di Multedo, facciamo insieme questa scelta: costruiamo il nostro futuro sul dialogo, l’ascolto, l’incontro e la fraternità. Mettiamo da parte le paure, e se c’è qualcosa che si può fare meglio, parliamone insieme. Le nuove generazioni e il mondo ne hanno un grande bisogno.
Uomini e donne di buona volontà di tutta Multedo e Genova, unitevi!
Davide Penna
Grazie, Davide! Mi hai aiutato a capire meglio la problematica ed i valori che sono alla base di questa iniziativa. Andiamo avanti, nonostante tutto!
Roberto