OPINIONI: CATTOLICI E “NUOVO” PARTITO DEMOCRATICO

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Scrivo queste righe perché, dopo l’assemblea del 21 gennaio scorso che ha (tra l’altro) approvato il cosiddetto “Manifesto dei valori” del “nuovo” Partito Democratico, qualche lettore (e lettrice …) di questo Sito si è chiesto se un cattolico coerente può trovare una soddisfacente collocazione ideologica nel partito medesimo.

Io affermo che la risposta mi sembra ovvia. Non si può giudicare un partito sulla base dei soli principi ispiratori. E neppure sulla base del suo programma. Perché diversamente non si comprenderebbe la ragione per cui il “vecchio” PD, con documenti fondativi in gran parte condivisibili, in sedici anni di vita abbia perso la bellezza di sei milioni di voti, subito tre scissioni e cambiato nove segretari… E neppure si comprenderebbe perché stenti ad affermarsi “Insieme”, il partito ideato e lanciato dall’economista Stefano Zamagni, che ben conosciamo e che ha scritto un bellissimo Manifesto dei principi, in linea con la dottrina sociale della Chiesa ma accettabile anche da una persona non credente.
A rigore, per aderirvi, un partito va dunque visto “all’opera”, va visto come si comporta e se è coerente, appunto, con i valori che devono ispirarne l’azione e con il suo programma politico, “sulla carta” condiviso.
Una strada per conoscere sin da subito la natura di un partito è solo quella della partecipazione alla sua vita, con le modalità previste dal partito stesso.
Ma l’esitazione a sbilanciarsi verso il PD, di cui parlavo all’inizio, è chiaramente dovuta al fatto che noi, con l’adesione, percepiamo ancora un “pericolo” per la nostra identità. Questo, almeno, è il sentire di molte persone. Allora io direi così. Noi giustamente pretendiamo di essere rispettati per quello che siamo. E questo non sempre è avvenuto nel “vecchio” PD. Ma attenzione.
L’atteggiamento di “difesa” della nostra identità, tanto più nella cultura attuale, non può essere rigido, dogmatico o addirittura fondamentalista. Il “feticismo dell’identità”, per dirla col noto economista Amartya Sen (uno dei consulenti della “Economy of Francesco”), può trasformare questo giusto sentimento in una fonte di violenza (pensiamo all’Islamismo radicale…). Serve quindi un’identità forte, ma non rocciosa.

Una seconda considerazione per valutare la piena liceità morale di adesione, per un cattolico, al nuovo Partito Democratico (così come ad altri partiti) riguarda la “giusta” laicità dello stesso. E’, questo, un altro punto di fondamentale importanza. Perché la laicità, correttamente intesa, è un principio irrinunciabile in una società moderna e democratica (e che riscopre l’importanza delle tradizioni religiose anche a causa dei flussi migratori. A questo in genere non si pensa mai). In effetti una visione democratica e  intelligente, positiva e non ideologica della laicità non può che rovesciare lo schema tradizionale, al quale molti in politica, anche inconsciamente, fanno ancora riferimento. E’ il motto cavouriano della “libera Chiesa in libero Stato”. Ma se molti cittadini si riconoscono in una religione o in una Chiesa con i suoi legittimi pastori, è giusto che questa religione o questa chiesa vengano riconosciute. Un partito che riconosce il diritto alla libertà religiosa si apre al rispetto di tutte le fedi e non costringe la religione a restare nella sfera privata della coscienza e dunque a rimanere socialmente invisibile. Un partito così non sarebbe laico, ma laicista.
C’è infine un terzo ed ultimo valore che, a mio avviso, dev’essere necessariamente presente in un partito che intende anche chiedere l’adesione dei cattolici. Si tratta dell’etica pubblica, riassumibile  dell’asserzione che “convivere nella diversità è una sfida che in certo senso riassume tutte le altre”. Un’etica pubblica deve cioè consentire alle varie identità chiamate a collaborare di non chiudersi in tanti apartheid culturali, ma di aprirsi all’organizzazione politica come “civitas” in cui c’è posto per tutti. In altri termini, consentire ed anzi favorire il passaggio dalle identità separate all’ente plurale. Quello che serve è dunque un modello nuovo che ha radici antiche. Dico questo perché penso (guarda un po’… ) a San Paolo che, pur essendo un giudeo nato a Tarso di Cilicia (oggi in Turchia), poteva orgogliosamente dire: “civis romanus sum”, rivendicando una cittadinanza cosmopolita ancora oggi strutturalmente preclusa a chiunque, nonostante l’asserita superiorità anche politica della cultura occidentale, ben presente nel mondo. Siamo ancora prigionieri di quella gabbia dorata che è la sovranità degli Stati nazionali. Davanti ad essa naufragano tutti gli sforzi per costruire una nuova cittadinanza e una “global governance”, come si richiederebbe in una vera democrazia internazionale.
A questo punto possiamo chiederci se gli accennati principi di identità, laicità ed etica pubblica sono presenti, e in che modo, nel “Manifesto dei valori” del “nuovo” Partito Democratico. La risposta è positiva, anche per la qualità dei contenuti (vedi ad esempio il paragrafo 3. del Manifesto, intitolato “Nel solco della Costituzione: etica pubblica e laicità”).
Concludo sostenendo che chi è interessato alla nascita di un soggetto nuovo nel campo democratico e riformatore non può – sempre a mio avviso, naturalmente – ignorare quanto dianzi affermato.
Più in generale, anche per quanto accade e forse di peggio accadrà nei rapporti fra gli Stati, in Europa e nel mondo, nessuno può più trascurare la cultura, i valori e la presenza sociale del Cristianesimo!

di Paolo Venzano

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