Confesso che il 15 settembre scorso un pensiero fisso mi ha accompagnato per l’intera mattinata. Infatti in quella data alle 13:55 ora italiana la sonda Cassini, che si trovava nell’atmosfera gassosa del pianeta Saturno, su impulso da Terra e dopo aver emesso l’ultimo segnale si sarebbe “tuffata” a 113 mila chilometri orari verso il centro del pianeta, disintegrandosi e lasciando dietro a sé una scia luminosa, proprio come una stella cadente.
La sonda Cassini (o più precisamente Cassini-Huygens), alta sette metri, larga quattro e del peso di sei tonnellate, era in buona parte un vanto dell’industria italiana, costruttrice tra l’altro della sua “magica” antenna parabolica. Alla sua realizzazione avevano però collaborato – assieme all’Agenzia Spaziale Italiana o ASI – l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e la NASA, dal cui “poligono” di Cape C
anaveral la sonda era stata lanciata nello spazio il 15 ottobre del 1997. Nel complesso, un onoratissimo servizio di vent’anni.
Dopo un percorso di sette anni nel sistema solare, la sonda – anche (fra l’altro) con l’aiuto di alcuni pianeti – da cui ricevette un impulso energetico, raggiunse tredici anni fa l’atmosfera di Saturno. Era la sua destinazione. E qui con obiettivi diversi continuò e perfezionò il lavoro delle sonde Pioneer e Voyager e del telescopio Hubble, che l’avevano preceduta nello studio di Saturno. Un lavoro di straordinaria importanza scientifica, quello della sonda. In tredici anni di dati acquisiti e trasmessi e di immagini (centinaia di migliaia) spesso stupefacenti inviate sulla Terra noi ora conosciamo assai meglio i famosi e meravigliosi anelli di Saturno (il “Re degli anelli”), costituiti da frammenti solidi ghiacciati, che come sappiamo ruotano intorno al pianeta. E conosciamo maggiormente molti degli oltre sessanta satelliti o “lune” di Saturno, che stanno fra gli anelli o al di fuori di essi.
Sono piccole, tali lune, mentre Saturno (notoriamente il sesto pianeta per distanza dal Sole) ha una massa di quasi cento volte maggiore di quella della Terra. Fra le “lune” c’è però anche quell’osservato speciale che è Titano, che è più grande del pianeta Mercurio. Chiudo su questo discorso un po’ tecnico, non conoscendo l’interesse per esso da parte dei miei consueti “dodici lettori”, accennando però a due fatti. Un satellite di Saturno, chiamato Encelado, ha una superficie ghiacciata che ricopre un oceano. Ebbene questo oceano, per le sue caratteristiche, potrebbe ospitare alcune forme di vita. Non è una cosa trascurabile… L’altra notizia è una risposta alla domanda sul perché si decise la “fine” della sonda, nonostante il suo perdurante e perfetto funzionamento. In breve si può dire che, esaurita la sua missione, la sonda non controllata poteva un giorno collidere con un corpo celeste, lasciandovi un segno.
Concludo con alcune considerazioni nate in me al termine di questa “bella favola”. Intanto, vedendo le immagini che quel giorno venivano dalla sede romana dell’ASI e dalla NASA, di scienziati e tecnici, uomini e donne, che abbracciandosi commossi ma strafelici festeggiavano il grande successo dell’ “avventura Cassini”, mi sentivo in qualche modo unito a loro, da appassionato delle “cose celesti”. E pensavo ai già previsti futuri traguardi (Marte, l’uomo costantemente presente in una stazione spaziale, ecc.), pur essendo gli enti preposti obbligati a ridurre le spese (pare che la “missione Cassini” sia nel complesso costata un qualcosa come cinque miliardi di dollari…). A mente più fredda, riflettendo quel pomeriggio a quanto di interessante, di bello e di utile l’uomo aveva scoperto, pensavo alla sconfinata sapienza e all’onnipotenza del Creatore. E che però, creando “il grande universo”, come canta il Gen Rosso, aveva costruito una “casa” apparentemente sproporzionata rispetto alle limitate possibilità di quell’altra sua creatura che è l’uomo (a meno che, come ho scritto su questo sito in altra occasione, Dio non consenta all’uomo, nei tempi futuri, di esplorare l’intero universo). Ma quel giorno pensavo anche che Dio è l’evangelico, generoso Seminatore che sparge il seme al di fuori del campo. Ed è pure Colui che fa crescere fiori bellissimi laddove (come in anfratti inaccessibili di roccia o su minuscole piazzole d’alta montagna) l’uomo non arriverà mai per ammirarli… Ed allora? Chissà che alla fine del mondo noi non abbiamo ancora scoperto cos’è la materia oscura, che costituisce la gran parte del Cosmo (anche se facciamo sforzi anche economici enormi per scoprirlo e sembriamo vicini alla soluzione). Chissà!..Ma lasciamo fare a Lui, col nostro massimo impegno certo, ma anche con la coscienza dei nostri limiti…Dio infatti, oltre che Sapienza, è anche Bontà infinita. E’ Amore. E infine è nostro Padre. Lo sappiamo…E tutto questo non ci basta?!
Paolo Venzano