OPINIONI: per un nuovo Umanesimo

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Il fatto che venerdì 24 novembre scorso molte persone siano accorse a Genova per ascoltare due docenti dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano è un segno, io penso, del desiderio di acquisire nuove nozioni culturali, unitamente ad aggiornate ed efficaci modalità per “usarle” in un mondo che in larga misura non conosce più il valore dell’uomo e il significato della sua esistenza sulla faccia della Terra.

Tale fatto ci introduce nella cosidetta questione antropologica, attinente il valore dell’uomo e il suo senso nell’esperienza terrena, come a dire nella questione fondamentale dell’esistenza umana.

Ben sappiamo che oggigiorno esiste un’antropologia laica, purtroppo assai diffusa, che ammette di non conoscere chi sia l’uomo, da dove venga e dove vada, salvo a pretendere l’accoglimento di istanze che spesso ambiscono anche ad essere riconosciute quali diritti. Ed esiste un’antropologia cristiana, il cui fulcro è che l’uomo è una persona, creata a immagine di Dio. E’ evidente che, da un presupposto di questo genere, discende un certo tipo di comportamento nella comunità degli uomini (a partire da quella prima comunità che è la famiglia la quale, a differenza di quanto sostengono altri, non è un qualunque nucleo affettivo bensì quello che si costituisce col matrimonio, che ne riconosce anche la valenza pubblica).Nella comunità degli uomini, l’uomo come noi lo intendiamo “sente” infine di rapportarsi in modo fraterno e quindi solidale con tutti gli altri uomini, nessuno escluso, superando le spinte egoistiche, con tutto quel che ne consegue.

Il Convegno ecclesiale di Firenze del novembre 2015 ha indicato nel suo titolo (“In Gesù Cristo un nuovo umanesimo”) il cammino di una comunità cristiana, e quindi di tutti noi, “in linea” con l’antropologia di riferimento. In particolare, ha sintetizzato in cinque verbi (uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare) le “vie” lungo le quali la comunità ecclesiale italiana è invitata a incamminarsi.

Mi sembra dunque chiaro che, per incidere positivamente nel tessuto socio-culturale che ci circonda (e quindi rivendicare il primato dei diritti umani sui diritti civili, a partire dal diritto alla vita dal suo inizio sino al suo termine, riaffermare il primato della comunità come luogo di relazioni tra le persone rispetto alla società massificata di individui, ecc.) sarà necessario un lavoro di animazione culturale dell’ambiente in cui viviamo, a partire dalle nuove generazioni. Diversamente sarà a mio avviso difficile per il cittadino medio sviluppare una posizione diversa e critica rispetto al pensiero dominante.

Nel deserto che ci circonda la “ricostruzione” potrà praticamente ed efficacemente partire (lo afferma la sociologia e lo conferma l’esperienza) dalla costituzione di “isole” di convivenza umana in grado di mostrare la bellezza e l’umanità di una vita diversa, proprio come all’epoca dei barbari, quando le fondazioni monastiche benedettine realizzarono esperienze di umanità nuova capaci di assumere il meglio del mondo antico e di irradiare la cultura, il lavoro e l’economia che permisero all’Europa di risorgere. In questo senso le nostre “comunità locali” possono svolgere un ruolo determinante.

Speriamo che così avvenga, a gloria di Dio e a beneficio dell’Umanità intera!

 Paolo Venzano

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Una risposta a “OPINIONI: per un nuovo Umanesimo”

  1. “…riaffermare il primato della comunità come luogo di relazioni tra le persone”: come non essere d’accodo con l’Autore dell’articolo?
    Proprio oggi pomeriggio, noi consiglieri della Società Sportiva, abbiamo fatto festa ad un gruppo di anziani del paese (da 85 anni in avanti, tra cui una signora che a gennaio compirà 100 anni) per gli auguri natalizi, accompagnati dal classico “rinfresco”. Pur se piccola cosa, peraltro molto apprezzata dai partecipanti, mi sembra di poter dire che la gioia di stare assieme, il sorriso sui loro volti, lo scambio di saluti e di confidenze tra chi di loro non si incontrava da tempo e la riconoscenza verso i promotori dell’iniziativa, siano “elementi” che, pur in ambito assolutamente “laico”, possano configurarsi, almeno un po’, come caratteristici dell’umanesimo che Paolo giustamente richiama.
    Agostino

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