Profilo di Salvatore Pandolfo – Volontario di Dio
21 Giugno 1946 – 25 Febbraio 2024
Da un atto d’amore vissuto da Euca (Gabriele Fabbri), un Popo del Focolare, traiamo spunto per mettere in evidenza qualcosa della vita di Salvatore: è lui stesso che, “intervistato” da Euca, racconta la sua storia. Nato a Torre del Greco, in provincia di Napoli, da ragazzo si trasferisce con la famiglia a Genova, andando ad abitare nel quartiere periferico di Struppa, precisamente alla Canova.
Salvatore così racconta: “Mio papà navigava e quindi non era quasi mai a casa, per cui crebbi con la mamma, mia sorella e mio fratello, più piccoli di me.
La mamma, una donna di fede, sentiva la responsabilità dell’educazione dei figli e ci indirizzava alla vita cristiana, insegnandoci a frequentare la Chiesa e i Sacramenti, per cui potevo ritenermi un buon cristiano praticante. Forse sulla scia della professione paterna, il mio sogno giovanile era il mare, con tutto il suo fascino: la lettura di diversi libri me lo aveva fatto diventare una sorta di ideale, dal quale ero attratto. Sognavo di diventare un capitano di lungo corso, con la prospettiva di apportare delle innovazioni: insomma di realizzarmi professionalmente.
Fu così che mi iscrissi all’istituto “Nautico” e nel 1965, dopo il relativo corso di studi, riuscii a diplomarmi Capitano di lungo corso.
Ricordo che in quel periodo, pur essendo sempre attratto dall’ambiente nautico, nella mia parrocchia c’era un sacerdote, Don Idelbrando Fortuna, il quale faceva ascoltare a noi giovani delle bobine di una certa Chiara Lubich. In quello che diceva questa giovane, e nel modo accattivante con cui lo diceva, coglievo un certo fuoco e sentivo in me una certa attrazione per le sue parole.
Alla fine decisi di imbarcarmi, portando però nel cuore un certo legame con la Comunità in cui ero cresciuto, tant’è che durante i miei viaggi scrivevo delle lunghe lettere a Don Fortuna, il qualche – mi disse poi – le leggeva al gruppetto di giovani con il quale si incontrava in periodiche riunioni.
Pur essendo sempre affascinato dalla vita di mare, dentro di me sentivo che questo non poteva essere il mio unico riferimento: approfondendo piano, piano, quanto proposto dalla Lubich, capivo che questo Ideale era una realtà che poteva riempire la mia vita: un po’ come la luce del sole appare, ed è decisamente, più luminosa di una semplice lampadina.
Fu così che, dopo cinque anni di navigazione ed essere diventato ufficiale di coperta, decisi di sbarcare, con grande rincrescimento di mio padre, il quale, contrariato dal mio comportamento, mi mise addirittura alla porta, tanto che dovetti chiedere aiuto in focolare. Poi le acque si calmarono e potei rientrare in famiglia in un clima di maggior serenità. Ora era assolutamente necessario trovare un lavoro: io avevo un bagaglio di nozioni prettamente nautiche, di materie adatte alla professione che avevo appena lasciato… Ricordo che in quel periodo si cominciava a parlare di computer e così, informandomi adeguatamente, mi iscrissi ad un corso specifico, finchè venni assunto all’Italsider, la grande industria di Genova.
Nel frattempo avevo ripreso a frequentare l’ambiente parrocchiale, partecipando alle famose riunioni di Don Fortuna, inserendomi sempre più in quella realtà che andava sotto il nome di Movimento Parrocchiale.
Partecipai pure ad incontri con altre parrocchie, recandomi anche ad eventi del Movimento a Rocca di Papa e a Roma in occasione dell’Anno Santo.
Proseguendo nell’approfondimento di questo Ideale, mi resi conto che il mio impegno in parrocchia mi andava un po’ stretto, tanto che chiesi a due miei amici se era possibile entrare nella Branca dei Volontari.
Ricordo che ero andato ad un incontro del Movimento Umanità Nuova al Palaeur di Roma, durante il quale mi diedero l’incarico, assieme ad un altro volontario di Sestri Ponente, di vigilare all’ingresso, anche perchè quello era il periodo delle Brigate Rosse.
Ricordo sempre con gratitudine i Focolarini che hanno contribuito a farmi crescere nell’Ideale, come Bruno Druscovich, Armando Tonon e tanti altri”.
Dopo aver frequentato un prenucleo ed aver approfondito la vocazione, Salvatore era stato inserito in un nucleo di volontari, assieme ad altri dello stesso quartiere, a quei tempi “ricco” di persone del Movimento, sia della parte maschile che di quella femminile.
Così Salvatore ha poi vissuto negli anni assieme a diversi compagni di nucleo, sempre molto interessato alla vita di unità e sempre desideroso di essere aggiornato della vita dell’Opera. Sono noti i suoi puntuali interventi durante i nostri incontri di Branca e di Opera una, interventi sia come comunione d’anima, sia per porre domande o fare considerazioni riguardo i temi trattati.
Trasferitosi in città, non essendo sposato, ha sempre vissuto da solo, frequentando con assiduità tutti i momenti di comunità, rapportandosi volentieri con i vari membri dell’Opera.
A suo tempo aveva subito l’applicazione di due bypass coronarici a causa di un problema cardiaco e quindi, su indicazione dei sanitari, aveva instaurato un’opportuna terapia di mantenimento. A causa di un incidente domestico, era stato ricoverato due volte, residuando la paralisi di un piede, per cui aveva limitato al minimo indispensabile le sue uscite di casa per la difficoltà di deambulare.
Più recentemente, dopo diversi ricoveri in ospedale per problemi urologici, era stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico, piuttosto invalidante, per cui si era resa necessaria l’assistenza alternata di un paio di persone. Qualche volta, un ministro incaricato dalla Parrocchia gli portava Gesù Eucarestia, con sua grande gioia.
I suoi fratelli di nucleo lo avevano aiutato in diverse occasioni e sovente andavano da lui per gli incontri, telefonandogli per accertarsi delle sue condizioni, ultimamente aggravatesi fino ad addormentarsi definitivamente.
Il sacerdote che ha celebrato il suo funerale, ha messo in evidenza il servizio di Salvatore in parrocchia, il suo gioviale rapporto con i fedeli e la stima degli stessi nei suoi confronti: ha pure ricordato la sua appartenenza al Movimento, invitando un focolarino presente alla Santa Messa a dire qualcosa di lui.
Sentiamo da Mario Sturlese un breve ricordo di Sandor:
Di Salvatore mi ha sempre colpito la semplicità e l’amore per Chiara e l’Ideale.
Con lui ho fatto un’esperienza. Eravamo alla Mariapoli di Bardonecchia ed io in quell’occasione conobbi un certo Rocco e la sua famiglia, una famiglia molto agiata di Rivoli. Rocco aveva alle spalle una tragica esperienza, perché effettuando per sport uno dei tanti lanci col paracadute, durante uno di questi il paracadute non si era aperto.
Da terra i suoi genitori avevano assistito a quanto stava accadendo e si può immaginare il loro grande spavento. Rocco andò in coma e come conseguenza ebbe seri problemi agli arti, ma si salvò. Mi raccontò poi che, durante il coma, attraversò il famoso “tunnel” e vide una grande luce: da quella “visione” scaturì anche la sua conversione.
Dopo questo drammatico incidente, Rocco fu lasciato dalla fidanzata, perse anche un po’ di lucidità mentale e non potè più seguire l’attività di direttore commerciale dell’azienda di famiglia. Presentai Rocco a Salvatore, il quale lo prese praticamente sotto la sua “protezione” e vivemmo assieme quella Mariapoli.
Da quella volta Rocco telefonava spesso ad entrambi e così consolidammo ulteriormente la nostra amicizia, tanto che mi venne anche a trovare a Portovenere, perché sua madre Mariuccia era originaria di un paese della Lunigiana, non molto lontano dalla mia abitazione. Per un paio d’anni Salvatore fu invitato da Rocco a trascorrere le vacanze in Sardegna e divenne un po’ il suo tutore. Lo accompagnò e lo seguì con tanto amore e a volte anche con un certo imbarazzo, perché Rocco conduceva una vita economicamente agiata e amava frequentare ambienti “in”.
Comunque Salvatore fu sempre disponibile, restando un amico sincero e un punto di riferimento importante per Rocco, che ascoltava i suoi consigli nelle sue lunghe conversazioni telefoniche.
A cura di Agostino Rivarola e i Volontari