Confesso che il titolo di questo scritto mi è stato suggerito dai politici che , a metà di questo mese di novembre, hanno costituito a Roma la “Federazione dei Democratici cristiani”. Ma di ciò farò cenno più avanti, al termine di questo articolo.
Forse tutti ricordiamo che, da circa tre mesi, è in sella il secondo Governo Conte, un esecutivo formato da esponenti del Movimento 5 stelle, del Partito Democratico, di Italia Viva e di Liberi e Uguali.
Ora, considerato che, forse più che in passato, ciascuno di detti partiti non perde occasione per ricordare agli Italiani i punti-cardine del suo programma politico (pur affermando di voler sostenere il governo sino alla sua scadenza naturale del 2023), a me pare di poter dire che l’Italia è attualmente governata da una sorta di federazione partitica (più che da una vera unione politica), cosa che peraltro non consente, ovviamente, l’espressione di un giudizio di merito sull’operato di chi governa.
Dal momento del suo insediamento, gli atti più significativi del governo sono naturalmente dati dai progetti di bilancio per l’esercizio 2020, di bilancio poliennale 2020-2022 e dal decreto fiscale collegato, che nell’ insieme costituiscono cd. manovra economica, da approvarsi entro il prossimo 31 dicembre.
Si tratta di provvedimenti finalizzati -secondo le dichiarazioni ufficiali- a realizzare una maggiore giustizia sociale, combattendo disoccupazione e povertà anche attraverso la lotta all’evasione fiscale, e più in generale a promuovere lo sviluppo del Paese nel quadro degli accordi internazionali e nell’ambito dell’Unione Europea. Ultimamente ai soliti annosi problemi si sono poi aggiunte emergenze di notevole gravità, quali la crisi siderurgica di Taranto e l’alluvione a Venezia.
Naturalmente, in coerenza con i rispettivi programmi politici le Opposizioni hanno presentato tantissime richieste di modifica (i cd. emendamenti) alla manovra governativa. Ma la cosa che maggiormente colpisce in questa circostanza è che molti di tali emendamenti sono stati proposti dalle stesse forze di governo (nominalmente a titolo di collaborazione, ma in realtà anche per l’accennata fragilità strutturale del governo). Vorrei fermarmi un momento su questo punto. Per osservare che, se è vero che il Partito Democratico ha presentato il maggior numero di richieste, quelle formulate da Italia Viva di Matteo Renzi sono, per la loro importanza, al limite della formale opposizione. Parlo soprattutto delle insistenti richieste di depennare dal progetto di bilancio la famosa plastic tax, e cioè la tassa su buona parte dei prodotti monouso in plastica (anche per il rischio che essa rappresenterebbe per l’industria del settore), di depennare “quota 100”, così cara a Di Maio e che comporterebbe una spesa complessiva di 20 miliardi, di recuperare e utilizzare per “sbloccare i cantieri” di grandi opere pubbliche la bella somma di altri 120 miliardi giacenti -a detta di Renzi- nei diversi cassetti della pubblica amministrazione. Più in generale, Renzi pare aver dato ai suoi parlamentari un preciso ordine di scuderia: fare da pungolo ad ogni tavolo, a partire dalla manovra, dal caso Arcelor Mittal sino alla riforma della giustizia. Che dire di tutto questo? Che, come in tutte le cose, c’è un limite. Un limite oltre il quale la corda si spezza. E questa corda al presente appare molto tesa… Tanto da preoccupare sicuramente Giuseppe Conte, una persona che va avanti per le sue doti umane e politiche non comuni, non avendo un partito alle spalle, come un nocchiero senza la nave.
In una situazione come quella descritta l’Opposizione (e cioè la Lega di Matteo Salvini, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e Forza Italia di Berlusconi) sta solo a guardare, mettendo giornalmente in luce le pecche vere o presunte del governo nella chiara evidenza che in caso di caduta del governo stesso e di elezioni anticipate la guida del Paese passerebbe dalla sua parte (e soprattutto dalla parte di Salvini). Senza contare che anche la presidenza della Repubblica sarebbe poi suo appannaggio.
Prima di avanzare alcune considerazioni sui cattolici e la politica, vorrei -quasi in parentesi- accennare al recente “Movimento delle Sardine” e alla sua possibile incidenza. E’ bastato il “passaparola” e il mezzo informatico perché un’idea dilagasse con la rapidità del fulmine. Non occorre quindi essere sociologi per presagire che tale Movimento inciderà profondamente e a breve su molte delle situazioni trattate in questo scritto.
I cattolici, dunque, i problemi italiani e la politica. E’ quasi diuturno l’appello dell’autorità ecclesiastica (e cioè di qualche vescovo) affinchè i cattolici si buttino maggiormente nell’agone politico. E in effetti i cattolici hanno da tempo una consapevolezza matura del rapporto tra fede e politica. Esistono inoltre questioni (sul fine vita, sulla famiglia, sulla libertà educativa…) difficili da affrontare nelle attuali formazioni politiche. ED il clima di diffuso laicismo è un ostacolo ulteriore. Fatto sta che i cattolici restano divisi fra chi (una minoranza) vorrebbe la riedizione di un unico partito di ispirazione cristiana, ovviamente moderno e democratico, e chi preferisce la presenza dei credenti in partiti diversi (come avviene attualmente).
I nuovi e maggiori gruppi politici, costituiti negli ultimi tempi sulla base dei valori umani e cristiani, rispondono ai nomi: “Costruire insieme”, “Rete Bianca” e “Politica Insieme” (che ha come promotori gli economisti Stefano Zamagni e Leonardo Becchetti). Ma per comunicare il pensiero cristiano su alcuni temi di attualità il presidente delle Acli e il direttore di “Civiltà Cattolica”, la rivista dei Gesuiti, hanno preferito il recente convegno del Partito Democratico, svoltosi recentemente a Bologna sul tema: ”E’ tutta un’altra storia”. La questione meriterebbe un approfondimento. La Federazione di cui parlavo all’inizio è nata per sommare le forze e le esperienze. In ogni caso, vada come vada, una cosa è certa: in Italia c’è bisogno di una efficace presenza politica di ispirazione cristiana!
Paolo Venzano