L’estate, si sa, è pure un momento nel quale, accantonati alcuni impegni che ci accompagnano nel resto dell’anno, possiamo anche dare un’occhiata ad appunti, articoli e libri che (con disappunto e mugugni delle mogli …) abbiamo “accatastato” nei mesi precedenti. Così, almeno, capita a me…
Ma quest’anno, rovistando fra i fogli per curiosare, ho trovato qualcosa che avevo dimenticato e che mi ha veramente colpito. Ho allora pensato di condividerlo con voi. Sono appunti sul concetto di Paradiso secondo Jacques Maritain (1882-1973), il celebre autore di “Umanesimo integrale”, presi dal suo libro “Le cose del cielo” (ed. Massimo, 1996).
Ma procediamo con ordine. E partiamo da Chiara Lubich. Chi sa qualcosa di Chiara e magari si trova in montagna facilmente va col pensiero alle sue infuocate parole sul Creato e sulla Natura quale ordinato insieme di rapporti d’amore fra tutte le creature: il fiume va al mare per amore, i fiori profumano per amore, in autunno le foglie cadono per amore… E noi uomini, essendo parimenti creature, siamo in certo modo fratelli di ogni espressione della Natura stessa. Chiara afferma poi che “possiamo intuire che esiste un rapporto sponsale fra l’Increato e il Creato, perché il Verbo incarnandosi si è messo dalla parte del Creato divinizzandolo e ricapitolandolo in Sé. E’ una visione ampia e maestosa che fa pensare all’entrata, un giorno, di tutta la creazione nel seno del Padre” (cfr.“La dottrina spirituale” di Chiara Lubich, ed. Mondadori, 2001, pag. 259). Con ciò Chiara è, ovviamente, allineata con quanto afferma il Concilio (vedi Lumen gentium, n. 48) e ripete in altri termini il Catechismo della Chiesa Cattolica: “ Anche l’universo visibile è destinato ad essere trasformato affinchè il mondo stesso, restaurato nel suo stato primitivo, sia senza più alcun ostacolo al servizio dei giusti, partecipando alla loro glorificazione in Gesù Cristo risorto” (n. 1047).
Chiara dunque, così come i documenti ufficiali della Chiesa, ritiene che la Natura, il Creato, restino (nel modo dovuto) per l’eternità. Ma non specifica il “destino” delle diverse componenti, naturali ed umane, della realtà creata.
Nel comune modo di pensare dei credenti, lo sappiamo, il Paradiso sarebbe un luogo bellissimo, con alberi e fiori, in linea chiaramente con la tradizionale immagine del Paradiso terrestre… E, del resto, anche durante la Messa si canta spesso: Verranno cieli nuovi, la Terra fiorirà…
A questo punto possiamo considerare gli “appunti” sul Paradiso secondo Jacques Maritain.
Premesso che quanto scrive il filosofo francese, oltre che sui suoi studi (per cui era molto apprezzato da Paolo VI, tra poco “santo”) si basa in parte su quelli del sommo teologo e filosofo Tommaso d’Aquino, le sue considerazioni iniziali sull’al di là – che condivide con San Tommaso – mi hanno personalmente deluso (e forse “deluderanno” anche altri). Secondo Maritain, infatti, in Paradiso non ci saranno né alberi né animali, anche se essi “continueranno ad esistere in eterno nella memoria dei beati”. Le persone risuscitate, dice ancora il pensatore parigino, saranno però “padrone” di una Natura “senza più gemiti”. Il filosofo condivide con San Tommaso anche la sorte del corpo dei beati. Esso, dice, sarà lo stesso che avevamo quaggiù (altra delusione…), “ma la sua età corrisponderà all’età perfetta dell’essere umano”. Inoltre, i corpi gloriosi “godranno dei privilegi e delle altre presumibili caratteristiche indicate dalla teologia” quando parla di “corpo trasfigurato”. Ma non è il caso di fermarsi su questo…
L’interesse suscitato dallo studio di Maritain “ci cattura” allorchè, parlando dei dannati, egli così si esprime: “I dannati sono degli attivi, lavorano tutto il tempo, hanno la religione del lavoro. Costruiscono, organizzano e i loro edifici crollano a causa delle loro divisioni e dei loro odi, ma continuano a costruire e a lavorare senza posa… Essi faranno delle città nell’inferno, delle torri, dei ponti, vi condurranno delle battaglie. Intraprenderanno a governare l’abisso, a ordinare il caos…”, senza ovviamente riuscire in nulla in questa impresa!
Ma ecco l’ultima ipotesi e cioè quello che più mi ha colpito, come dicevo all’inizio. E’ un’ipotesi fondata (solo…) sull’autorevolezza di chi la propone. Ed è anche un’ipotesi oggettivamente consolante. Maritain si occupa della sorte finale dei dannati. E giunge a pensare a una loro “liberazione”, che si potrà realizzare grazie alle implorazioni di pietà rivolte a Dio da parte dei salvati. Ma sentiamolo dalla penna del Francese: “Poiché l’eternità consuma tutti i tempi, bisognerà pure che a un certo momento i luoghi dell’inferno siano svuotati. Se è così, Lucifero senza dubbio sarà l’ultimo a cambiare. Ma anche per lui si dovrà pregare. E alla fine anche lui sarà restituito al bene. Umiliato… ma finalmente umile!”. Ricordo che una simile, ardita tesi è stata avanzata negli anni Ottanta dal gesuita svizzero (e poi cardinale) H. Urs von Balthasar, uno dei più grandi teologi del secolo scorso, più volte citato da Chiara, il quale espresse la speranza che l’inferno potesse essere vuoto…
E’ appena il caso di osservare che la dottrina cattolica, in materia, afferma qualcosa di sostanzialmente diverso: “La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità”, dice, ripetendo quanto – com’è ben noto – Gesù afferma ripetutamente sulla “Geenna” e sul “fuoco insestinguibile”, dove possono perire sia l’anima che il corpo (v. Catechismo, n. 1033).
Ma veniamo alla conclusione. Quanto ho letto di Chiara sul Paradiso (vedi le pagg. 206-208 de “La dottrina spirituale”) mi ha fatto bene. In quella caldissima giornata di luglio, è come se mi avesse accarezzato un fresco venticello di primavera. Voglio allora condividere con voi anche alcune parole di Chiara, come ho fatto con quelle di Maritain. Con la differenza che quanto scrive Chiara è una certezza. Sentite:
“Il Paradiso! Ma ci pensiamo? Ma ci rendiamo conto che qui non è il luogo dove sistemarci sempre meglio, in una esistenza il più possibile senza fastidi, ma che ogni istante della nostra vita è un passo nuovo verso un altro regno, un’altra terra, verso una patria in cui la felicità alla quale aneliamo, purissima e piena, la possederemo per sempre? E che sarà là? E’ meglio non rischiare di parlarne. Rovineremmo, fantasticando vanamente, la sua realtò. Sarà…sarà…Paradiso!”.
Paolo Venzano