Nei giorni 8 e 9 giugno 2024 (sabato e domenica) i cittadini europei eleggeranno i propri rappresentanti al Parlamento Europeo per la legislatura 2024-2029. Sappiamo che tale Parlamento si compone di 705 membri, di cui 76 italiani.
In seguito i capi di Stato e di governo proporranno il candidato a presidente della Commissione europea, che il nuovo Parlamento eleggerà prendendo in considerazione il risultato delle elezioni europee. E ciò in applicazione del Trattato di Lisbona del 1° dicembre 2009. Anche nel Parlamento europeo, come in quello nazionale, le scelte politiche saranno poi operate dai partiti politici europei, costituiti dai rappresentanti di partiti nazionali con la stessa (più o meno grande) sensibilità politica, e dai Gruppi politici, costituiti da un minimo di 25 persone che stabiliscono di raggrupparsi per il perseguimento di obiettivi di comune interesse.
Ricordo che i partiti politici europei (una decina) sono riconosciuti dall’Unione europea dall’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, e cioè dal 1°novembre 1993. E, solo per esemplificare, rammento che il partito italiano di Forza Italia confluisce normalmente nel ”Partito popolare europeo” (ppe), mentre il Partito democratico italiano in Europa ingrossa le file del “Partito socialista europeo” (PSE). Dette formazioni politiche europee, assieme all’ “Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa” (o ALDE), sono quelle più decisamente orientate a favore dell’integrazione europea. Nel Parlamento europeo esistono poi partiti che, pur favorevoli all’Unione Europea, ne vorrebbero una diversa organizzazione. Per questo sono in genere definiti come “alter-europei”. Ne è un noto esempio il “Partito verde europeo”. Per concludere su questo punto ricordo che la “Lega Nord” aderisce al Gruppo “Europa delle Nazioni e della Libertà” e mette al centro del programma il Nazionalismo e l’anti-immigrazione.
Prima di accennare ad alcune proposte a mio giudizio migliorative del funzionamento dell’Unione Europea, rilevo che secondo molti osservatori le imminenti elezioni potrebbero riservarci la non lieta sorpresa di un ulteriore incremento, nel Parlamento europeo, del cd. “sovranismo nazionalista” , rappresentato da quelle élites nazionali che concepiscono le relazioni fra Stati in termini di difesa, conflitto e interesse più che di cooperazione e condivisione. Ne è di esempio, noto a tutti, l’Ungheria di Viktor Orban.
Come dunque orientarci in termini di voto, in occasione delle elezioni dell’8 e 9 giugno? Interpellato recentemente su questo punto, il vescovo Mariano Crociata (segretario generale della CEI e presidente delle Conferenze episcopali dell’Unione europea o COMECE) ha risposto che i partiti e i candidati da favorire dovrebbero essere quelli che – a quanto è dato di sapere- agiscono per il migliore funzionamento dell’Unione quale strumento di progresso e di pace. I candidati in particolare dovrebbero essere persone coerenti nel campo cristiano e che si ripromettono di applicare anche in Europa la Dottrina sociale della Chiesa.
Ciò premesso quale doveroso discorso di carattere generale, ecco alcuni punti che (stando anche ad esperti della cui serietà io non dubito: penso soprattutto a Pasquale Ferrara, già diplomatico in Paesi diversi) dovrebbero essere compresi nei programmi elettorali o far parte comunque degli orientamenti personali del candidato ( e qui è lasciato alla fantasia di ciascun elettore il modo di contattare, anche fisicamente, il candidato che si propone di votare):
– I parlamentari europei dovrebbero essere eletti su circoscrizioni transnazionali, che comprendano almeno tre Paesi, e non solo nazionali, con un unico sistema elettorale;
– Per rendere possibile il perseguimento degli obiettivi di carattere politico, all’Unione andrebbero attribuite risorse proprie, anche tramite fiscalità diretta;
– La libera circolazione delle persone e dei lavoratori dovrebbe essere garantita in ogni circostanza, senza discriminazioni o condizioni, salvo quelle legate alla pubblica sicurezza;
– La politica estera e di sicurezza, le strategie, le azioni comuni dovrebbero essere decise con la semplice maggioranza qualificata, superando l’attuale unanimità ;
– La politica migratoria e nei confronti dei rifugiati dovrebbe divenire una competenza esclusiva dell’Unione e ispirarsi a criteri di umanità, solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri;
– E’ necessaria l’unificazione delle spese militari dei singoli Stati, eliminando duplicazioni e utilizzando diversamente i risparmi.
I suesposti interventi costituiscono solo alcuni suggerimenti, fra altri, per consentire all’Europa una ripresa del suo rallentato cammino. Se per ragioni diverse si ferma saremo in qualche modo tutti responsabili del suo fallimento.
Si dice che Jacques Delors, storico presidente della Commissione europea, ripetesse spesso che “l’Europa è come una bicicletta : se si ferma, cade” (e visto che porta tutti, dico io, cadiamo anche noi!).
Di Paolo Venzano
Grazie Paolo delle tue belle considerazioni. Io pensavo anche all’amore europeo che avevano i primi” padri fondatori” della prima Unione; secondo me, negli anni si è perso quello spirito iniziale; circa le guerre in atto, o meglio, la pace che si auspica tanto, però non si fa seguito, dobbiamo seguire – se non eseguire – le direttive NATO. Speravo che con la caduta del “muro di Berlino”, detta NATO mollasse un pò la “presa”, visto che era nata per controbattere la famosa “cortina di ferro/patto di Varsavia”, invece c’è sempre una “mania” di espansione, e certo, gli altri non stanno a guardare: in parole povere continua e in maniera armata, quella espansione (est/ovest) che cova sotto le ceneri dei vecchi sistemi di controllo. Secondo me, l’Europa Unita, dovrebbe parlare di più di pace alla NATO, e non assecondare sempre e comunque tutte le direttive che vengono oltre oceano.
A votare? certo ci andrò, affinché il mio voto se pur uno solo, spero assieme a tantissimi altri, possa portare speranza di pace, in Europa e anche in altre parti del mondo – Medio Oriente -.