Nel mio scritto intitolato “Una federazione al governo (e i cattolici stanno a guardare…)” concludevo rilevando il gran fermento in atto fra molti cattolici praticanti, chiaramente insoddisfatti di come vanno le cose in campo politico e, nello stesso tempo, incapaci di trovare una formula che permetta loro di incidere veramente sui numerosi problemi italiani. Ciò perché, a detta dei più, la limitata presenza dei cattolici e la loro “dispersione “ (non a caso detta “diaspora”) nelle varie formazioni politiche ha un’incidenza obiettivamente insufficiente, per quanto non sia inutile.
Prima di accennare a quanto di concretamente interessante è ultimamente avvenuto a proposito del problema in argomento sembra opportuno evidenziare l’attuale “clima” etico-culturale dell’Italia e ricordare ciò che ne deriva.
E’ sotto gli occhi di tutti che la progressiva perdita delle radici spirituali e delle conseguenti virtù del dono, della reciprocità e della cooperazione sta ineludibilmente portando la società verso l’equilibrio del “tutti contro tutti”, di cui già nel ‘600 parlava Thomas Hobbes. E’ una società di individui soli, tristi e rancorosi che non desiderano altro che l’arrivo di un “Leviatano”, per rifarci ancora al filosofo inglese, e cioè di un “uomo forte” che mantenga l’ordine ed eviti il caos. E l’Italia non sfugge alla regola. La fotografia scattata dall’annuale rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese, presentata a Roma il 6 dicembre scorso, afferma che un italiano su due (esattamente il 48.2%) pensa che da noi ci vorrebbe appunto un “uomo forte”, senza che più ci si debba occupare e preoccupare di elezioni, di Parlamento e via dicendo. E tutto ciò è pure in linea col sondaggio di Nando Pagnoncelli, conseguente alle elezioni europee del 23 maggio scorso e riferito, stavolta, ai soli “cattolici che vanno a messa tutte le domeniche”. Questi ultimi hanno infatti votato così: 33% Lega, 27% PD, 14% M5S, 10% Forza Italia, 6% Fratelli d’Italia.
Per le note vicende successive alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 e a quelle europee sopra ricordate l’Italia è attualmente divisa, come ben sappiamo, nei due “poli” di centro-sinistra e di centro-destra. Ma i cristiani, se informati e coerenti (e questo è un punto dolente…), a mio avviso e ad avviso di molti per ragioni diverse attinenti i programmi e la prassi non possono accettare totalmente né l’uno né l’altro dei poli in questione. E’ per tali ragioni, e quindi per rispondere in positivo alla loro domanda di rappresentanza politica, che un qualificato gruppo di persone, tra cui gli economisti Leonardo Becchetti e Stefano Zamagni (anche presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali dallo scorso mese di marzo), hanno recentemente pubblicato un documento, chiamato “Manifesto” e intitolato “Per la costruzione di un soggetto politico nuovo d’ispirazione cristiana e popolare”. All’iniziativa hanno pure contribuito, tra gli altri, i rappresentanti delle Associazioni “Politica Insieme”, “Rete Bianca” e “Costruire Insieme”.
Il “Manifesto”- rivolto a credenti e non credenti, sul quale sarà necessario ritornare in modo adeguato e del quale hanno già parlato i principali quotidiani e le riviste, cartacee e “online”, Città Nuova compresa – consiste in una serie di considerazioni e di istanze attinenti la Politica (quella appunto con la P maiuscola). E ciò in applicazione della Costituzione repubblicana, del Pensiero sociale della Chiesa e delle varie dichiarazioni sui diritti dell’uomo. Per rispondere al quesito posto nel titolo di questo articolo non si tratta dunque di un programma di partito, che sottintenderebbe la volontà di costituirlo. Però…sentiamo cosa dice l’economista Becchetti. “Il Manifesto è un copione”, afferma con linguaggio teatrale, “un copione in cerca di autore, finalizzato in particolare a vincere la sfida contro il populismo e il sovranismo, che sono la risposta sbagliata al disagio sociale (sopra descritto), che colpisce soprattutto i ceti medi ed i ceti più deboli”. Ma che significa “un copione in cerca di autore”? Significa che il contenuto del Manifesto potrà essere inizialmente “offerto” alle singole formazioni politiche esistenti affinché, in tutto o in parte, lo recepiscano. E per far questo in modo più convincente occorrerà costituire una “massa critica” (sul tipo dei “gruppi d’acquisto”, scherza Becchetti), data dalla maggioranza dei cattolici (cosa facile a dirsi e difficile a farsi…) e di chi vorrà aderire a questa nuova iniziativa. In caso di mancato accordo, il Manifesto potrà tradursi in un vero programma politico e, in parallelo, potrà essere costituito un nuovo partito. Ulteriori notizie sul contenuto del Manifesto (comprese le osservazioni critiche, naturalmente) e su quanto sta avvenendo in campo organizzativo (i promotori si stanno associando sotto il titolo “La parte bianca”) ad un successivo intervento su questo stesso Sito. L’argomento è troppo importante per non riprenderlo presto. Nel frattempo sarà bene ricordarci di quanto asseriva il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il 16 gennaio di quest’anno: “Governare il Paese significa servirlo e curarlo come se lo si dovesse riconsegnare in ogni momento“.
Paolo Venzano