Papa Francesco e il lavoro: tante volte ne ha parlato spiegando il suo pensiero, il pensiero della chiesa. A Genova però, davanti ai lavoratori delle industrie e agli imprenditori, in un capannone dell’Ilva di Cornigliano, ha affrontato questo tema in maniera più vasta. Quasi una lettera pastorale. Tanto che il giorno seguente il suo intervento è stato ripreso e commentato da tutti i quotidiani nazionali. Ne parliamo col dottor Alberto Ferrucci, chimico Industriale, già manager di grandi aziende, consulente ed imprenditore nel settore della progettazione e produzione di software per la gestione ottimizzata nel settore energetico e logistico, giornalista economico, presidente della Associazione Internazionale per una Economia di Comunione.
Tante volte papa Francesco ha parlato del lavoro. quello che ha detto a Genova però ha colpito tutti. Quali sono secondo lei gli elementi di novità in questo suo discorso, che qualcuno ha definito una lettera pastorale sul lavoro?
Papa Francesco ha parlato ai 1500 lavoratori dell’ILVA, riuniti nel grande capannone dei rotoli di acciaio, principale prodotto dell’azienda: lavoratori che in questi giorni sfilano per le strade di Genova preoccupati del futuro, oggi nelle mani di politici e finanzieri guidati da logiche globali su cui essi non sono in grado di influire. Le parole del papa li ha sorpresi e stupiti, perché hanno parlato di un lavoro che non è solo un elemento necessario per un sostentamento che potrebbe essere assicurato anche diversamente, ma per prima cosa è un elemento fondamentale per la maturazione e la realizzazione della persona umana, a meno che non diventi il lavoro estraniante dello schiavo. Ancor più ha sorpreso i presenti quando ha sottolineato che anche l’imprenditore è un lavoratore, parte della comunità che opera nell’impresa: negando le confusioni che spesso si fanno, ha fortemente distinto la figura dell’imprenditore da quella dello speculatore, che opera in economia rimanendo estraneo all’impresa, che non fa parte del suo progetto di vita, è solo uno strumento per fare profitto; contrariamente al vero imprenditore, lo speculatore non esita a licenziare i lavoratori ed a distruggere comunità produttive pur di fare un guadagno. In queste parole un chiaro invito agli imprenditori a non trasformarsi in speculatori, tradendo la vocazione naturale così ben descritta dalle ben note parole di Luigi Einaudi che papa Francesco ha voluto rileggere per intero.
Dott. Ferrucci: l’idolatria del consumo e l’ideologia del merito che giustifica le diseguaglianze. La politica che spesso penalizza chi opera con giustizia in economia. Il papa ha conquistato il cuore e la mente dei genovesi.
Papa Francesco ha sorpreso ancora mettendo in discussione la ideologia del merito, normalmente da tutti condivisa, avvertendo che su di essa si fonda l’indifferenza verso chi nella società moderna rimane indietro. Se gli induisti neppure si accorgono dei poveri stesi sui loro marciapiedi, perché secondo le loro credenze essi devono soffrire per riscattare i peccati delle vite precedenti, l’ideologia del merito porta il liberismo laico a disinteressarsi dei poveri perché la povertà se la sono procurata con i loro demeriti. Il vangelo però, dice Francesco, ragiona diversamente, i talenti che riceviamo dalla nascita e dall’ambiente in cui cresciamo non sono un merito, ma un dono ed una responsabilità verso coloro che senza alcuna loro colpa non li hanno ricevuti o ne hanno ricevuti di diversi e meno apprezzati: il disinteresse di chi è andato avanti verso quanti sono rimasti indietro, per il vangelo non è accettabile neppure se fosse per colpa; il figliol prodigo, non è lasciato dal padre a mangiar ghiande, come avrebbe sentito giusto il fratello maggiore. Sono affermazioni rivoluzionarie, che incrinano le fondamenta del capitalismo.
Il lavoro che diventa un ricatto; non tutti i lavori sono buoni: ci sono ancora troppi lavori cattivi e senza dignità in tutte quelle imprese che non rispettano i diritti dei lavoratori o della natura. Come si può combattere questo?
Qui papa Francesco gioca sulle parole: invece che un “riscatto”, a volte il lavoro è trasformato dal bisogno in un “ricatto” che fa accettare anche lavori non buoni, come la pornografia, il gioco d’azzardo, il traffico di armi, l’inquinamento dell’ambiente: anche lavori che di per sé sarebbero validi diventano iniqui se esercitati nelle ore fatte per la famiglia e per la festa. La festa che è autentica solo se viene dopo il lavoro, senza lavoro non c’è festa, e chi del lavoro è privato, anche se remunerato, soffre perché gli viene tolto qualcosa di prezioso, la propria dignità.
La sua impressione dopo le parole di Francesco….
Come lui stesso ha affermato appena eletto, è un papa che viene dai confini del mondo; forse per questo il suo pensiero e la sua vita – non guarda la televisione – è meno condizionata da quella visione del mondo e da quella interpretazione degli eventi che tutti noi, più o meno, cattolici o meno, inconsapevolmente condividiamo: così ci stupisce spesso con affermazioni che poi non possiamo che riconoscere vere e vitali. In questi tempi assistiamo sempre più frastornati al ripetersi di eventi in cui dei giovani uomini e donne scelgono la morte non per salvare eroicamente qualcuno in difficoltà, ma per trascinare con loro alla morte il massimo numero possibile di persone, chiaramente scegliendole innocenti. E’ la follia, l’odio verso la nostra società, di persone cresciute in mezzo a noi, ma emarginate, psicologicamente o economicamente, forse perché poco “meritevoli”, come fossero degli scarti: persone che giustificano le loro azioni come reazione ai trattamenti subiti dai loro parenti e amici delle loro terre di origine, che hanno perso il lavoro, la casa, la famiglia ed i figli, a causa di conflitti suscitati da logiche elaborate dai “meritevoli” del mondo occidentale. Pur riconoscendo la fondatezza delle loro denunce, davanti a questi discorsi noi occidentali siamo portati a giustificare in qualche modo il potente che ha provocato quei disastri, chiamandoli effetti collaterali: lo facciamo spesso inconsapevolmente forse perché sentiamo quel potente più vicino a noi: Francesco ha il dono di essere diverso, come ai suoi tempi è stato diverso quel Gesù di cui è vicario in terra, e che ha pagato con la vita la sua diversità.
a cura di Silvano Gianti
Veramente un bell’ articolo. Mi ha dato tanto leggerlo. Ringrazio vivamente Ferrucci per quanto ci ha efficacemente trasmesso e sintetizzato ed ovviamente Gianti che ne ha curato la stesura e l’ intervista.
Oscar