Chi segue la politica italiana ha il mal di testa. In uno Stato improvvisamente caduto sotto la dominazione di un Giano bifronte (sorridente e truce), il cui tempio i Romani chiudevano in tempo di pace ma che oggi è aperto, nel Bel Paese c’è una feroce competizione. Una sorta di guerra e non solo a parole…Chissà se e come proseguirà. Anche in campo cattolico io avverto una certa agitazione. Il Magistero giustamente sprona all’impegno politico (“l’amore degli amori”, diceva Chiara). Ecco allora diocesi, movimenti ecclesiali importanti e puri singoli politici a proporre, se non soluzioni, percorsi formativi adeguati e di grande interesse. Ma l’impegno, l’impegno attuale, concreto ed attivo? Mi fermo qui, augurandomi di sbagliare.
Prima di proseguire, vorrei rispondere a chi (anche solo a parole) ha asserito che io, quando parlo di idee, considero “molto” quelle di coloro che non sono o non si professano “cristiani”. Lo confermo. Ma aggiungo che – come pure si sarà rilevato – si tratta sempre di idee che provengono da persone portatrici di valori largamente accolti dalla civiltà occidentale. D’altro canto, se rileggiamo le risposte che il Papa ha dato nella sua visita pastorale a Loppiano, il 10 maggio scorso, siamo ulteriormente e fortemente incoraggiati, come cristiani, ad aprirci e a valorizzare ogni sorta di “periferia”, anche ideologica. Aggiungo un particolare: recentemente, parlando col vaticanista Luigi Accattoli, sono stato da lui invitato (e in modo particolarmente “accorato”) a sollecitare la “massima apertura” dell’Opera di Maria nel senso indicato. E la sollecitazione ha un suo peso perché proviene da chi, con intelligenza ed equilibrio, ma anche con amore, segue da vicino il Movimento dei Focolari e dire quasi “vive” l’attività “missionaria” del Pontefice.
Ciò detto, vengo al merito di questo scritto. Nel “commento” all’articolo che Oscar Sicbaldi ha recentemente scritto, in modo assai documentato e con molta “rabbia” intellettuale e morale, sui provvedimenti (e loro conseguenze) del Governo, concludevo che avrei scritto qualcosa anch’io. E, nello stesso “commento”, cominciavo col citare il parere di Eugenio Scalfari. Questi, nell’Editoriale di “Repubblica” del 21 ottobre, ipotizzava la possibilità di ribaltare l’attuale maggioranza parlamentare attraverso un partito costituito dal Pd e da un Movimento “che abbia come parola d’ordine Giustizia e Libertà (che nel 1929 fu lo slogan dei fratelli Rosselli, esuli antifascisti a Parigi) e faccia proprio il Manifesto europeista di Ventotene”. Ricordo che l’obiettivo di Giustizia e Libertà era quello di instaurare in Italia un modello di democrazia avanzata e al passo coi tempi, aperto agli ideali di giustizia sociale, mentre il Manifesto di Ventotene, intitolato Per un’Europa libera e unita, era un documento per la promozione dell’unità europea, scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941 durante il periodo di confino nell’isola di Ventotene. Scalfari si dichiara convinto che a una siffatta formazione politica aderirebbe, oltre che una buona percentuale dei transfughi dal Pd, una grande quantità di giovani che giornalmente discutono di politica nei circoli appositamente costituiti presso le diverse Facoltà.
“Giustizia e Libertà”, “Manifesto di Ventotene”, programmi politici umanamente validi e in gran parte condivisibili, certo. Ma… e il Codice di Camaldoli, dove lo mettiamo questo importantissimo documento, clandestinamente steso dai maggiori economisti e intellettuali cattolici nel famoso eremo, nel luglio del 1943, alla vigilia della caduta del fascismo, un documento che dopo la Liberazione fu sostanzialmente recepito nel programma della Democrazia cristiana e di cui troviamo più di una traccia nella Costituzione repubblicana? Non è un caso se chi oggi opera per rifondare un partito ispirato ai principi cristiani e quindi democratico ed aperto ad ogni valido contributo si rifà al Codice di Camaldoli, così come ad ogni ulteriore apporto della Dottrina sociale cristiana.
In definitiva oggi, in una fase di grande confusione, si sente forte l’esigenza di tornare alle “radici”.
Se dunque ai voti previsti da Scalfari sommiamo quelli di un partito di estrazione cristiana come dianzi indicato, passata la sbornia giallo-verde avremmo forse il piacere di veder contenti lo stesso Fondatore di “Repubblica” e, non meno, il nostro Oscar! Ma, prescindendo dalle vittorie elettorali e quindi dal governo dello Stato, è evidente che una formazione politica nuova e oggettivamente valida –dove cioè sia l’uomo il fondamento e il fine- contribuirebbe al pluralismo democratico e quindi alla ricchezza morale di uno Stato.
Non posso chiudere senza ricordare che lo Spirito Santo si interessa anche di politica!
Paolo Venzano