Le tante parole che si sono dette o scritte sulla situazione politica dell’Italia dopo le elezioni penso possano riassumersi nei quesiti che seguono:
1 – Come si è potuto sviluppare un sentire così diffuso da determinare l’esito elettorale che sappiamo?
2 – Qual è la soluzione da preferirsi, fra le diverse possibili, per il governo del Paese?
Sul primo punto intendo dire: com’è potuto accadere che abbiano vinto le elezioni due populisti, e cioè due persone che si rapportano direttamente (e oramai non ne fanno più mistero…) alla gente, e in aggiunta non “alla testa” bensì, come suol dirsi, “alla pancia”? E’ appena il caso di rilevare che sono in tal modo saltate tutte le regole e tutta la prassi di una sia pur incompiuta democrazia. Fra le molte opinioni al riguardo riporto anzitutto quella, apparentemente semplicistica ma più diffusa di quel che si pensa (l’ho verificato personalmente), secondo cui gli Italiani ogni tanto hanno voglia di cambiare, anche i governanti, prescindendo dai loro meriti o demeriti. Andando incontro alle loro rispettive richieste, Salvini e Di Maio avrebbero così vinto al Nord il primo e al Sud il secondo.
Altre e più diffuse opinioni mi hanno invece portato a ricordare un filosofo (pensate un po’…) del quarto secolo prima di Cristo, e cioè quel greco di nome Aristotele che nei suoi scritti sulla politica affermava che il principale pericolo per la democrazia (che lui chiamava politìa) era la demagogia (che lui chiamava democrazia). E che dalla democrazia alla demagogia si passa a causa del malgoverno. I nostri padri o nonni avrebbero tradotto le considerazioni aristoteliche con la sentenza: tutti i nodi vengono al pettine. Personalmente, non penso che lo schema di Aristotele sia del tutto applicabile al “caso italiano”.
Anche sul secondo punto, e cioè sulla soluzione migliore o magari “meno peggiore” per il Paese, ne abbiamo sentite di tutti i colori. Chi può permettere la formazione di una maggioranza di governo sappiamo che è il Partito democratico con l’apporto totale o parziale dei suoi voti ( con l’eventuale aggiunta di quelli di Liberi e Uguali). Ma il Partito democratico è diviso. Ancora ieri sera ho sentito un suo esponente, di ispirazione cristiana, che urlava: con i populisti, mai! Andiamo a nuove elezioni! In proposito mi limito a ricordare che, anche in casi del genere, come cristiani dovremmo porci una domanda: qual’è o sembra essere la soluzione più conforme o meno difforme dal bene comune? La risposta a questa domanda, ci ricorda la Dottrina sociale cristiana, è certamente la strada da intraprendere per affrontare il problema. Chiediamo luce e forza allo Spirito Santo!
7 marzo 2018 Paolo Venzano