Sera di venerdì 8 aprile: la sala Luomi del Paladonbosco è già piena e i Padri salesiani procurano in fretta alcune panche in modo che tutti riescano a sedere. Oltre 80 i presenti.
Dopo il primo incontro sulla crisi ecologica che investe il nostro pianeta e il convegno interreligioso del 12 marzo, in questa serata approfondiamo i fondamenti teologici dell’Enciclica, ai quali Francesco ha dedicato un intero capitolo, il secondo appunto. Davide Suin sintetizza il percorso già fatto e presenta gli ospiti di stasera.
Don Luca Livolsi, cappellano del lavoro e viceparroco della Chiesa di San Giovanni Battista di Sestri Ponente, ci introduce nel tema, ricordando che le radici di Papa Bergoglio, gesuita, si innestano nella spiritualità di Sant’Ignazio: “Scopo dell’uomo – si legge nei suoi esercizi – è lodare e glorificare Dio”. La natura rispecchia la dinamica della Trinità e guardando la natura vi si può scorgere la trama delle relazioni trinitarie. Infatti la relazione è vera se si fonda sulla differenza ed è nella relazione che sta la Vita. Questo è lo sguardo che sottende alla Laudato sì.
Ma c’è anche una seconda dimensione, altrettanto importante: ed è quella sacramentale. Cioè la natura come segno della presenza di Dio, come “sacramento” di Dio nel mondo. Don Luca ci ricorda come nei sacramenti la natura viene assunta da Dio, trascesa. Dio stesso, del resto, si è fatto natura, si è fatto limitato.
L’uomo deve quindi recuperare la sua dimensione “sacerdotale”, che è quella di rioffrire il mondo al suo Creatore.
Maria Rosa Biggi, presidente regionale del CIF e membro del CNAL (Consulta Nazionale Associazioni Laicali), approfondisce due temi che si legano a quanto detto da Don Luca: quello del dialogo e quello della destinazione comune dei beni.
Francesco – con questa Enciclica – si rivolge a tutti gli uomini, auspicando un più profondo dialogo tra scienza e fede. Non si deve temere il confronto, anche quando le differenze sono marcate, perchè il dialogo è il metodo che consente di costruire l’unità di tutta la famiglia umana. Per affrontare il problema della sopravvivenza dell’umanità occorre l’apporto di tutti. Significativa l’immagine del poliedro (citata nella Evangelii Gaudium) come simbolo della relazione Chiesa-Mondo dove ogni faccia conserva la sua originalità, e la chiesa stessa si pone come “parte” di un mondo più ampio, la terra comune.
Riguardo alla destinazione comune dei beni, l’Enciclica pone al centro l’uomo e sottolinea il concetto della proprietà privata subordinata al bene comune. Concetto sottolineato del resto anche dalla nostra Costituzione. Purtroppo oggi la globalizzazione dell’indifferenza e della corruzione ha annebbiato questa visione. Ma occorre non perdere la speranza e perseguire l’obiettivo del passaggio da un’economia della proprietà ad una economia della custodia. Ricordandoci che il cristianesimo è anche “lotta” per salvare il mondo.
Numerosi gli aneddoti e le testimonianze che trapuntano le relazioni sia di Don Luca che di Maria Rosa, che vivacizzano e rendono immediato quanto esposto.
Davide Penna introduce quindi il momento del dialogo con alcune riflessioni su quanto ascoltato: innanzitutto la consapevolezza che il nostro limite è lo spazio per ricevere il dono che il rapporto con gli altri ci può offrire. E poi la dimostrazione che il Papa non solo parla di relazione ma la vive sta proprio nell’Enciclica stessa: ad esempio nelle numerosissime citazioni che vi si trovano e alle quali ha attinto per redigere il documento.
Numerosi gli interventi che seguono e che stimolano nuovi interventi dei relatori. Solo qualche accenno:
Come ricondurre l’uomo al vero senso della vita? Come coinvolgere in modo più diretto Sindaco e Amministratori su queste problematiche?
Occorre cercare di evitare il rischio dell’autoreferenzialità, tenendo conto che c’è tanto di positivo fuori di noi e prima di noi. Aiutarci ad avere una visione più ampia, sapendo che tanti uomini stanno lavorando come e anche meglio di noi per un futuro migliore.
Ritrovare la bellezza della natura sull’esempio del giapponese Fukuoka, pioniere dell’agricoltura naturale.
Quello che sentiamo sui giornali non è tutta la verità e rischia di togliere la passione a noi giovani. La passione di dire: ma io cosa posso fare? Io posso essere un punto di partenza. Don Pino Puglisi, quando ha iniziato e non era “nessuno”, ha preso i ragazzi e li ha fatti giocare e disegnare, liberando la loro forza creativa.
Per non demotivarci occorre parametrare il nostro impegno nell’ambito di ciò che è raggiungibile. La politica dovrebbe facilitare l’incontro tra risorse e bisogni.
Esperienza positiva in seguito agli incontri precedenti: ad esempio nel fermarmi a guardare il cielo, la luna, ma anche ad informarmi accuratamente sulle tematiche ambientali come quelle del prossimo referendum.
Abbiamo perso la capacità di fare fatica, mentre occorre metterci in gioco in prima persona.
Noi adulti dobbiamo prenderci la responsabilità di essere “adulti” e non “eterni giovani”: solo così i giovani guardando a noi vedranno la bellezza di crescere e prendersi le loro responsabilità.
Ma il dialogo continua… ci ritroviamo al prossimo appuntamento…
Marisa Anselmo
E’ POSSIBILE INSERIRE COMMENTI ED IMPRESSIONI IN FONDO ALL’ARTICOLO
Grazie Marisa della completa esposizione , mi sembra proprio di esserci stata .