L’approvazione della Charta segna un momento importante nella vita del Movimento Politico per l’Unità. In essa, oltre alle regole per il governo del Movimento, sono definiti i principi e le linee guida per la sua attività.
Sono articoli semplici ma ricchi di significato e sollecitano tutti noi ad una azione concreta di riflessione e di comunicazione affinché sia conosciuta non solo dagli aderenti al Movimento ma da tutti coloro che si riconoscono nel principio della fraternità e del dialogo.
Partendo dai contenuti della Charta vorrei portare un mio contributo di riflessione.
Sulla fraternità come elemento costitutivo e stella polare del Movimento avrei poco da aggiungere se non sottolineare che il tema è talmente impegnativo e complesso da richiedere un impegno continuo, umile e determinato, per affinare nel tempo la nostra capacità di saperla comunicare e praticare in un contesto quale quello politico che ha un proprio linguaggio e regole specifiche.
Sul dialogo mi sembra invece che sia utile confrontarsi per meglio comprendere e condividere, attraverso una discussione comune, il suo significato e le ricadute sulle nostre attività.
Una prima domanda: è possibile avere un dialogo con terzi senza avere un punto di vista del Movimento? Secondo me no. Quando parliamo di dialogo interreligioso le fedi rispettive sono ben presenti. Nell’Economia di Comunione, senza porsi in alternativa ad altre teorie economiche, si porta comunque una visione ed una pratica dei processi economici che costituiscono un valore aggiunto. Certamente è fondamentale l’ispirazione cristiana del Movimento, ma se riteniamo un elemento irrinunciabile e positivo la partecipazione di persone che non si riconoscono in essa, occorre allargare il campo della riflessione.
Se non si è portatori di un’idea della politica, alla fine il dialogo diventa un metodo – per quanto nobile – ed al massimo, e non sarebbe poco , il Movimento sarebbe un facilitatore del dialogo tra le parti nello specifico dell’agire politico.
La questione da porre quindi è come costruire una peculiare e riconoscibile missione politica del Movimento.
Personalmente in merito trovo illuminante il discorso di Chiara Lubich tenuto ad Innsbruck il 09.11.2001 (mi scuso per la lunga citazione, ma la parte citata è talmente ricca di indicazioni e spunti di riflessione che ritengo riduttivo estrapolare solo qualche frase):
“Si è capito, anzitutto, che esiste una vera vocazione alla politica. E’ una chiamata personale che emerge dalle circostanze e parla attraverso la coscienza. Chi crede vi avverte, con chiarezza, la voce di Dio che gli assegna un compito. Ma anche chi non crede si sente chiamato ad essa dall’esistenza di un bisogno sociale, da una categoria debole che chiede aiuto, da un diritto umano violato, dal desiderio di compiere il bene per la propria città o per la propria nazione. E la risposta alla vocazione politica è anzitutto un atto di fraternità: non si scende in campo, infatti, solo per risolvere un problema, ma si agisce per qualcosa di pubblico, che riguarda gli altri, volendo il loro bene come fosse il proprio…. La politica è perciò l’amore degli amori, che raccoglie nell’unità di un disegno comune la ricchezza delle persone e dei gruppi, consentendo a ciascuno di realizzare liberamente la propria vocazione. Ma fa pure in modo che collaborino tra loro, facendo incontrare i bisogni con le risorse, le domande con le risposte, infondendo in tutti la fiducia gli uni negli altri.”
Le parole chiave sono due: la vocazione, intesa come chiamata e risposta ad un compito alto, ed il bene comune: non si agisce per se stessi, ma per i bisogni dei più deboli e per il bene della comunità. Il loro intreccio restituisce alla politica la sua dimensione etica, pubblica.
La situazione in cui viviamo è ben diversa, complice un ceto politico modesto e spesso corrotto. Da anni assistiamo al montare dell’antipolitica, al “tanto sono tutti uguali”, alla ricerca del capro espiatorio o dell’uomo della provvidenza che risolva i problemi sollevando ognuno di noi da responsabilità ed impegno, al prevalere dell’interesse privato sul pubblico. L’astensionismo ha raggiunto livelli patologici e corrode nel profondo la legittimità stessa delle istituzioni rappresentative.
Di fronte a questo quadro, semplicemente realistico, mi pare che il Movimento dovrebbe esprimere la propria vocazione, assumendosi il compito di combattere la rassegnazione e la sfiducia. Come? Proponendo – attraverso il dialogo, la proposta e le buone pratiche – una visione della politica del tutto diversa.
Ci sono dei precedenti in tal senso: nel 2011 il MPPU ed Umanità Nuova produssero un documento dal titolo “Per una riflessione sulle riforme istituzionali” in cui si fornivano orientamenti sulle riforme costituzionali, elettorali e sulla riforma della politica. Il documento proponeva una lettura unitaria dei temi trattati e la necessità che le singole soluzioni fossero integrate e coerenti tra di loro: questa era la sua forza ed originalità. Le riforme istituzionali ed elettorali non sono più all’ordine del giorno: resta la riforma della politica, a cui non si riesce a dare una risposta nonostante il degrado rischi di raggiungere il punto di non ritorno. Abbiamo quindi qualcosa da offrire, pensiero e prassi: sollecitiamo il confronto, attiviamoci perché la riforma della politica diventi la priorità dell’agenda politica e sociale.
Il secondo elemento costitutivo del nostro agire politico è ovviamente la Charta dell’MPPU.
Trovo la premessa e l’art. 1 – non a caso intitolato l’Agire politico – ricchi e fecondi per approfondimenti teorici e comportamenti pratici.
Ma la Charta non può restare patrimonio per pochi: occorre viverla nella prassi ed adoperarsi perché i suoi contenuti diventino fonte d’ispirazione, di dialogo e formazione per gli aderenti al Movimento. Occorre costruire nel tempo un comune sentire e nello stesso tempo partire dai suoi contenuti per elaborare una proposta sulla riforma della politica atta a sollecitare un confronto responsabile tra i cittadini e le forze politiche e sociali per fornire una risposta a quella che è l’esigenza primaria di ogni comunità: avere un Buon Governo.
In conclusione, agendo nel campo politico con questi riferimenti valoriali, l’MPPU assume una specifica funzione, senza per questo essere o diventare un partito, ma senza neanche temere di essere “partigiano”; anzi la sua forza è proprio nella sua diversità e nella capacità e nel desiderio di proporsi agli altri con spirito di fraternità per il bene comune.
Luigi Picena
Veramente una riflessione ampia e profonda. Alta !!
Cercherò, cercheremo di esserne all’ altezza, non sarà facile ma….l’ importante è provarci e magari insieme ci si aiuta.
Grazie, Oscar
Grazie, Luigi! Sono considerazioni davvero “alte”, come ha ben detto Oscar. E nel contempo chiare e praticabili. Per quanto mi sarà possibile intendo fare la mia parte.
Paolo Venzano