FRANCESCA, IL VOLONTARIATO IN CARCERE, E LA FRATERNITA’ CON TUTTI – Parte 2a

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Eccoci a pubblicare la 2a ed ultima parte della bella e toccante Testimonianza di Francesca nel suo volontariato tra i detenuti …QUI PER LA PRIMA PARTE


…. Vivere il Volontariato in Carcere richiede una testimonianza cristiana credibile, e verifica se la nostra identità di seguaci del Vangelo è autentica. Così è con il dialogo di amicizia e anche di preghiera insieme, iniziato con qualche musulmano, o con atei, o con buddisti…In questo mi aiutano sempre molto le parole del Vescovo, dette durante un’omelia: “Noi non dobbiamo convertire, ma portare Dio là dove sembra non esserci”. Il dialogo è soprattutto rispettoso ascolto e rispettosa testimonianza della propria fede.

    Prendersi cura di questi fratelli detenuti vuol dire farsi carico di problematiche burocratiche trascurate nel tempo, quando erano liberi, o abbandonate per l’improvvisa detenzione. Come il caso di quel detenuto che un giorno mi chiede di cancellare la sua partita Iva. Mi informo alla Camera di Commercio di Genova, che mi indirizza ad una sede di Chiavari, dove l’Ufficio fa sportello una volta la settimana, e prendo appuntamento. Preparo tutte le carte e vado. L’impiegato compila una serie di fogli, e quando chiedo quanto costa la cancellazione, mi risponde: 200 euro. Lo comunico al detenuto, lui dice che ne ha solo 150. Ma la Caritas si impegna ad aggiungere i rimanenti 50. Poi vado a concludere l’atto, e mentre vado parlo con Gesù: “Gesù, 150 euro è tutto quello che ha a disposizione il detenuto, ti chiedo forse una cosa impossibile, cioè di fargli avere gratis questa cancellazione. Tu sai come fare”. L’impiegato compila tutta la pratica, poi gli chiedo: “quanto è?” E lui: “Niente, faccia solo firmare queste carte al detenuto e me le riporti”. Erano le carte per avere la cancellazione con un fondo cassa speciale per i nullatenenti. E così ho fatto.

La Provvidenza aveva risposto immediatamente alla mia preghiera, con grande gioia del detenuto.

    Il momento più traumatico è quando, terminata la pena e dopo averli seguiti personalmente per anni, escono dal carcere e devono riprendere in mano la loro vita, spesso ricominciando  dal nulla: c’è chi ritorna in famiglia felicemente, chi resta solo e senza casa, perché separato, chi non trova più lavoro e si arrangia come può, ma c’è anche chi con determinazione si mette nuovamente in gioco e apre un’attività, con fatica e grandi rinunce, ricostruendo la propria vita da zero, onestamente, con “quella dirittura morale”, come mi ha scritto un giorno un detenuto, che in carcere aveva capito per dare la giusta svolta alla sua vita. E’ uscito in tempo di Covid, mettendo su un’impresa di sanificazione locali, pubblici e privati, con grandi sacrifici, poi assumendo personale, comprando macchinari e auto nuove. Un giorno mi scrive che vorrebbe far arrivare in carcere un suo contributo di cose utili ai carcerati: una spesa di ben 975 euro! E ben presto arrivano in Caritas 5 grossi scatoloni con i doni per i detenuti, che in breve vengono distribuiti secondo le richieste di ciascuno. Un gesto di grande generosità!

Ancora oggi continuiamo a mantenere i contatti.

    Per procedere insieme nel cammino del servizio di volontariato in carcere, uno strumento che ci aiuta molto è l’uso della chat “Equipe carcere”, nata qualche anno fa. Agli inizi è servita per ricordarci più gli appuntamenti degli incontri fra noi volontari, pian piano questo mezzo ha preso una sua importanza, più reale ed efficace: ci scambiamo comunicazioni utili a tutti, appuntamenti diversi collegati al servizio in carcere, richieste e scambi di aiuto, impressioni d’anima dopo qualche incontro importante. Siamo tutti diversi, veniamo da esperienze diverse, con personalità formate, decise, ma per la realtà che il Sinodo oggi richiede, e che spinge tutta la Chiesa a percorrere insieme le strade della fraternità, mi sembra che questo cammino sia facilitato, nel nostro piccolo, da questa rete che è diventata davvero un mezzo che ci aiuta ad essere un solo corpo ed un solo servizio alla Chiesa locale.

    “Amiamo Dio in noi, nelle infinite sfumature dei nostri dolori, ma amiamolo soprattutto  ….. nei rifiutati dalla società”: questo pensiero di Chiara Lubich, mi aiuta ogni volta ad entrare con rispetto in questo mondo, per agire e servire con quella stessa passione e amore di preferenza che anche il Papa ha per questi suoi “fratelli” carcerati.

    Franca M., volontariato carcere di Chiavari

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